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    POLONIA SEMPER FIDELIS: LA LUNGA MARCIA DEI POLACCHI PER KAROL

    POLONIA SEMPER FIDELIS: LA LUNGA MARCIA DEI POLACCHI PER KAROL -di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 28 aprile 2014

     

    Non nuova, ma sempre impressionante la determinazione con cui i polacchi testimoniano il loro cattolicesimo e il loro ‘grazie’ per Karol Wojtyla, ora san Giovanni Paolo II – Avanzano a plotoni, bandiere al vento e in loro c’è un’orma antica: quella della cavalleria del re Jan Sobieski, che scendendo dalla collina del Kahlenberg, il 12 settembre 1683 sbaragliò i turchi di Kara Mustafà, liberando Vienna dall’assedio ottomano.

     

     

     

    Domenica 27 aprile 2014 la Chiesa ha confermato canonicamente la fama di santità di cui godono da anni in larga parte del popolo cattolico Giovanni XXII e Giovanni Paolo II. Tanti gli spunti di riflessione che sono derivati dalla celebrazione in Piazza San Pietro: si potrebbe parlare della concentrazione estrema di papa Francesco (dal viso sempre assorto), della sua omelia e del ‘Regina Coeli’, della presenza di papa Benedetto XVI (che, entrando sul sagrato, è stato salutato da un lungo applauso ed anche da qualche coro che ne evocava il nome), delle musiche che hanno accompagnato e seguito rito e santa messa… e via scrivendo. Abbiamo scelto invece di fare qualche considerazione su un fenomeno non certo nuovo, ma che sempre, ogni volta, ci sorprende e ci impressiona: la fede espressa da quella parte di popolo polacco che ha voluto fisicamente essere presente per dire ancora una volta la propria vicinanza e il proprio grazie al proprio figlio Karol.

    Spunta il gialloverde dei giovani brasiliani dall’ugola scatenata, si gustano i tanti colori e i tamburi degli africani che non hanno voluto mancare di onorare direttamente un Papa che li ha avuti molto a cuore, poi ecco spagnoli, messicani, cileni, costaricani connotati da una gioia vulcanica, bandiere vandeane con il Sacro Cuore e della ‘Manif pour tous’ transalpina, bandiere svizzere ed anche con le stelle del Vallese, tanti gruppi parrocchiali dalla Penisola… ma soprattutto loro, che avanzano decisi, a plotoni compatti, bandiere bianco-rosse orgogliosamente al vento, in viso e negli atteggiamenti la fierezza di essere polacchi.

    Passano Wadowice e Cracovia, Zakopane e Bielsko-Biala, Wroclaw (Breslavia) e Gdansk (Danzica), Varsavia e Czestochowa, Torun e Opole… con tante icone della Madonna Nera, ritratti di Karol Wojtyla, striscioni gloriosi di Solidarnosc, foto anche del martire padre Popieluszko… Si innalzano al cielo palloncini gialli e bianchi cui è legato un grande striscione bianco-rosso “Deo Gratias”, che a guardarlo da via della Conciliazione sembra affiancare il Cupolone. Avanzano i figli della Polonia e pare di intravvedere le ombre della cavalleria guidata dal re Jan Sobieski che nel 1683 scendendo dalla collina del Kahlenberg salvò Vienna. Sono ancora ben determinati, pur provati dalla lunga attesa: per l’intera notte hanno intonato canti popolari dolci e struggenti o solenni come Czarna Madona (Madonna Nera) e Gaude Mater Poloniae e si sono riparati in qualche modo dentro un sacco a pelo, sbocconcellando pane e salame. Avanzano decisi con i loro volti fieri dalle rughe contadine e operaie, per essere vicini fisicamente il più possibile all’altare e al ritratto pendente dalla facciata della Basilica. Molti non ce la faranno neppure ad arrivare in Piazza e nemmeno in via della Conciliazione: se ne dovranno stare sul ponte di Castel Sant’Angelo o sui lungotevere o decidere di spostarsi davanti ai maxischermi di piazza Navona.

    Una volta che non è più possibile avanzare, restano in attesa sventolando le bandiere e meditando sui libretti devozionali che in tanti hanno tra le mani; i più fortunati si siedono, trovando un minimo di spazio vitale (come davanti alla Sala Stampa Vaticana). E quando incomincia il rito eccoli i polacchi, tutti disciplinatissimi, tutti con lo sguardo teso verso l’altare o verso i maxischermi, cercando di intravvedere almeno uno scorcio tra la selva di teste che ondeggia davanti a loro. Fisicamente stanchi, non vogliono esserlo spiritualmente. Sono attenti; un giovane rimprovera chi, sulla soglia della Sala Stampa Vaticana, è uscito per fumare una sigaretta: “E’ una mancanza di rispetto, anche se non c’è il tetto siamo in chiesa!”. Una chiesa enorme, a cielo aperto per onorare anche Karol Wojtyla, papa sì della famiglia, ma pure – in misura non inferiore – del rispetto della dignità umana, della dottrina sociale della Chiesa, della vita, dei giovani (per i quali ‘inventò’ le Giornate mondiali), della missionarietà in ogni parte del mondo, della testimonianza nuda della sofferenza, della riconquistata libertà di tanti popoli oltre a quello polacco.  

    Alla fine della celebrazione vorrebbero esplodere, cantare i loro canti corali insieme popolari e religiosi, nazionali e mariani: ci sono nuovi santi in Cielo, facciamo festa…. ma i microfoni gracchiano altre melodie di fattura talvolta festivaliero-sanremese. Però i polacchi restano lì, orgogliosi nei loro costumi della domenica, fieri con le loro bandiere e i loro striscioni… c’è da prepararsi a un’altra lunga attesa: un saluto col cuore in Basilica al ‘loro’ Karol.  

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