PRO-VITA/INCONTRO A ROMA: VOCI DA NORDAMERICA, SPAGNA E BELGIO – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 2 maggio 2014
Sabato 3 maggio 2014 grande incontro internazionale pro-vita a Roma. Strategie mondiali in discussione. Tra i relatori il card. Burke e lo studioso George Weigel. Interviste sulla situazione in Nordamerica (John Westen), in Spagna (Walter Hintz) e nel Belgio (Juristes pour la vie).
Quale preludio alla IV edizione della ‘Marcia per la Vita’ - che si svolgerà a Roma domenica 4 maggio con partenza da piazza della Repubblica (ore 9.00) e arrivo a Castel Sant’Angelo/Piazza San Pietro/Regina Coeli di papa Francesco – la capitale italiana ospiterà sabato 3 maggio due importanti convegni. Il primo è quello nazionale in materia medico-giuridica che si terrà presso l’Ateneo pontificio Regina Apostolorum dalle 9.30 alle 18.30. Quest’anno però Roma ospiterà anche una novità, presso la sala San Pio X all’angolo di via della Conciliazione 5 : il grande convegno internazionale pro-vita promosso dal portale canadese LifeSiteNews, da Human Life International (Stati Uniti) e da Family Life International New Zealand. La mattinata sarà a porte chiuse, per la discussione delle strategie pro-vita da concretizzare in tutto il mondo. Poi, dopo una conferenza-stampa alle 13.00, il pomeriggio sarà aperto al pubblico (traduzione simultanea inglese-italiano) e sarà caratterizzato dalle relazioni principali del cardinale Raymond Burke e dello studioso George Weigel. Le organizzazioni presenti in sala (una cinquantina, un’altra quindicina ha aderito ma non potrà essere a Roma) illustreranno la loro attività.
In questa sede pubblichiamo le ampie interviste, ricche di spunti interessanti per capire il Convegno, che abbiamo fatto a John Westen (Life Site News, Canada), a Walter Hintz (Derecho a vivir, Spagna) e a Agate Radziszewski (Juristes belges pour la vie, Belgio).
JOHN WESTEN: CRESCONO LE PRESSIONI PER LA CULTURA DELLA MORTE, MA AUMENTANO NEL CONTEMPO LE TESTIMONIANZE DI CHI VUOLE TESTIMONIARE PUBBLICAMENTE A FAVORE DEL DIRITTO ALLA VITA (intervista di GIUSEPPE RUSCONI)
Signor Westen, Lei – direttore responsabile del portale canadese LifeSiteNews - è tra i promotori principali del primo incontro internazionale delle organizzazioni pro-vita a Roma. Quali le ragioni di questo appuntamento?
Negli ultimi 18 anni LifeSiteNews è stato molto attivo, riferendo di incontri e manifestazioni svoltisi in tutto il mondo e riguardanti vita e famiglia. Del resto è da molti anni che i gruppi pro-aborto lavorano e cooperano su piano internazionale. Di conseguenza abbiamo riscontrato un crescere dell’imperialismo culturale a favore delle politiche abortiste, imposte a Stati ricattati nell’ambito degli aiuti finanziari e delle clausole di favore. Inoltre notiamo una tendenza molto allarmante a restringere o sopprimere la libertà di espressione e di pensiero in Paesi già segnati dalla cultura della morte.
I movimenti internazionali pro-vita devono lavorare insieme con un maggiore coordinamento per promuovere la verità e la bellezza della vita e per difendere la libertà. Condividendo strategie di successo e costruendo una sana collaborazione tra i leaders in tutto il mondo, si potranno perseguire con soddisfazione tali scopi.
Perché l’incontro viene organizzato a Roma?
Roma è la sede naturale per tale incontro dal momento che ha una storia come centro del mondo. Già è un centro di incontro per gli europei ed è la sede di quel Vaticano che è la guida morale di tutti i gruppi pro-vita.
Lei viene dall’America del Nord, che è stata all’origine della testimonianza organizzata e pubblica in favore della vita…
Gli attacchi crescenti contro la libertà di pensiero e di espressione e le pressioni continue contro quegli Stati non ancora rassegnati alla cultura della morte, hanno portato a una consapevolezza, pure accresciuta, del bisogno di testimoniare per la cultura della vita. Perciò c’è stato in tutto il mondo uno sviluppo progressivo dei movimenti per vita e famiglia. Ad esempio la Marcia per la vita, incominciata negli Stati Uniti, negli ultimi 10 anni si è estesa a diverse altri capitali nel mondo. Anche altre iniziative in aiuto alle donne incinte e dubbiose, originate negli Stati Uniti, si sono diffuse in tanti altri Paesi così da offrire a tali donne l’opzione per la vita dei nascituri.
L’opinione pubblica è restata abbastanza compatta sull’argomento, ma in ogni caso la magistratura in molti Paesi ha contribuito a diffondere una mentalità pro-aborto.
Qual è la posizione assunta dai media sull’argomento?
Per la maggior parte i media hanno dimostrato di non guardare con favore al diritto alla vita. E’ vero che in Canada e negli Stati Uniti ci sono alcune importanti eccezioni. E’ comunque fondamentale poter avere in ogni Paese dei media pro-vita.
Se guardiamo al futuro, va considerato con molta attenzione l’atteggiamento nell’area dei giovani…
E’ senz’altro in crescita la presenza giovanile nei movimenti pro-vita. Ad esempio sono veramente tanti i giovani che partecipano alla Marcia statunitense per la vita. Sempre più giovani formano essi stessi dei gruppi che raggiungono poi ambienti molto al di là dei propri. Comunque le sfide cui è confrontata la gioventù sono gravi, considerando gli atteggiamenti pro cultura della morte suggeriti dall’industria del tempo libero e da un’educazione secolarizzata.
Quale forma di testimonianza può essere la più efficace secondo Lei?
Dobbiamo avere fiducia nella forza della preghiera. E’ una realtà di cui siamo consapevoli in tutto il mondo. E la testimonianza personale e pubblica pro-vita è sempre molto impressionante.
Come si prospetta secondo Lei il prossimo avvenire?
Se guardiamo al nostro incontro di Roma, possiamo guardare con molta fiducia al futuro. I leaders delle organizzazioni pro-vita sono venuti da tutto il mondo per ascoltarsi a vicenda e imparare l’uno dall’altro. Per impegnarsi a una collaborazione accresciuta. Devo dire che la presenza numerica e qualitativa a questo incontro è andata oltre le nostre aspettative.
Se guardiamo alla situazione della cultura della vita nel mondo, appare chiaro che siamo davanti ad anni molto difficili, in cui si accresceranno le pressioni internazionali contrarie di governi, magistratura e media. Nello stesso tempo però possiamo riscontrare una crescita di coloro che vogliono testimoniare pubblicamente e mostrare di essere pro-vita, come è sempre più evidente dalla partecipazione alle Marce per la vita in tutto il mondo.
WALTER HINTZ/SPAGNA: DAVIDE CONTRO GOLIA, VOLONTARI CONTRO POTERE DEL DENARO… SFIDA MOLTO DIFFICILE, MA NON PERSA (intervista di GIUSEPPE RUSCONI)
Signor Hintz, perché Derecho a vivir-Hatze Oir ha deciso di partecipare all’incontro di Roma?
Per Derecho a vivir è di importanza vitale essere presente e collaborare a un evento di tale portata mondiale. Pensiamo che ogni volta è sempre più importante che le strategie delle organizzazioni pro-vita siano coordinate, già a livello continentale.
Fino a poco tempo fa i gruppi abortisti erano molto più organizzati dei nostri. Ma negli ultimi anni la tendenza è cambiata e la situazione per noi sarà sempre più favorevole se sapremo unirci per lottare uniti in Europa e nel mondo, testimoniando con azioni piccole e grandi.
Lei è stato per quattro anni coordinatore dei volontari di Derecho a vivir. ..
Dai suoi inizi Derechoavivir.org è stata una piattaforma che ha saputo aggregare attorno a sé moltissimi cittadini di ogni parte della Spagna e dell’America latina. Sono il lavoro e lo spirito di iniziativa di molti che hanno testimoniato uniti nelle loro città, nei loro ambienti ciò che ha reso possibili le grandi manifestazioni in tutta la Spagna e in diverse capitali del mondo.
Ci sono fin qui differenze importanti, sostanziali, tra il governo Zapatero e il governo Rajoy in materia di ‘valori non negoziabili’: vita, famiglia, educazione?
Purtroppo non vediamo fin qui molte differenze nella pratica tra i due governi. L’odierno Partito popolare, sebbene provvisto di una maggioranza parlamentare, non ha voluto per ora utilizzarla per concretizzare legislativamente un vero cambiamento in favore della famiglia e della vita.
Qualcosa nell’ambito del diritto alla vita è stato però proposto a dicembre 2013… pensiamo al disegno di legge che modifica la legge sull’aborto di Zapatero, anche se al momento non sembra che il governo abbia una gran fretta di farlo procedere…
Se la nuova legge fosse approvata, introdurrebbe certo un importante cambiamento rispetto ai conclamati ‘diritti della donna’. Nella legge vigente, quella di Zapatero – a causa della quale vengono uccisi 308 bambini al giorno – si definisce come un ‘diritto della donna’ la facoltà di sopprimere il proprio figlio in grembo. Nel nuovo avanprogetto di legge, invece, si definisce il bambino come un soggetto del diritto alla vita, diritto che non può essere alienato da nessuno. Questo è già positivo, sebbene restino migliorie legislative da fare. Ad esempio nel nuovo avanprogetto di legge ci sono più ‘barriere’ che impediscono che l’aborto sia utilizzato spesso come un contraccettivo, ciò che accade nel caso della legge vigente. Insomma, sebbene l’avanprogetto sia certo perfettibile, crediamo che costituisca un passo avanti di rilievo per poter proteggere la vita dei nascituri nel nostro Paese.
Nelle grandi manifestazioni popolari dell’epoca di Zapatero si vedevano molti volontari, giovani con i grandi cuori rossi e sorridenti di Derecho a vivir. Questi volontari sono ancora disponibili oggi a testimoniare, a mostrare pubblicamente la loro volontà di difendere il diritto alla vita?
Fin tanto che ci saranno leggi ingiuste che proteggono il diritto dei più forti a sopprimere la vita di chi non può difendersi, Derecho a vivir continuerà a scendere in piazza per manifestare in favore di coloro che non hanno voce. Sappiamo che verrà il giorno in cui questo non sarà più necessario. Però fino a quel momento saremo per le strade sorridenti e felici, perché vale la pena di lottare per una causa che è quella del primo tra i diritti umani. Tanto durante il governo Zapatero che nell’attuale legislatura stiamo lottando nello stesso modo contro questa ingiustizia. Come si nota anche dal fatto che nell’ultima grande manifestazione da noi organizzata, il grido Viva il diritto alla vita! si è levato da più di ottanta città spagnole.
Come ha partecipato Derecho a vivir alla raccolta di firme per l’iniziativa “Uno di noi” – oltre un milione e settecentomila i firmatari - promossa con grande successo a livello europeo da diverse realtà antiabortiste, come ad esempio il Movimento per la vita italiano, che ha portato in dote oltre seicentomila consensi?
Derecho a vivir ha partecipato attivamente fin dall’inizio alla raccolta di firme per l’iniziativa popolare legislativa “Uno di noi”. Col freddo o col caldo, migliaia di volontari sono scesi per le strade, consci dell’importanza di ogni firma in più. Tutti volontari, lo sottolineo, non salariati come quelli che si schierano per la cultura della morte! Siamo stati tutti orgogliosi quando abbiamo potuto presentare le firme a Bruxelles all’inizio di aprile.
Resta certo molto da fare, anche se non sarà facile. Considerata l’aggressività mostrata a Bruxelles - nella prima audizione parlamentare - dagli esponenti schierati contro l’iniziativa, possiamo prevedere che il dibattito sarà assai singolare: pure e semplici ideologie si contrapporranno ai nostri argomenti scientifici, una serie di slogan senza fondamento contro la realtà della donna gravida e indifesa.
La lobby abortista ha notoriamente a disposizione molto denaro…
Senza dubbio, chi difende l’aborto ha molto denaro e molto peso politico. Tira i fili del potere e lo lega alle idee di progressismo e di liberazione della donna. Per me invece non c’è idea più machista dell’aborto, una barbarie che ne nasconde altre.
Sappiamo che siamo come Davide contro Golia e i suoi amici di circostanza, come il denaro che guadagnano le multinazionali dell’aborto. Sarà difficile vincere, però siamo certi che la vita trionferà sulla morte.
Così come per molti secoli la schiavitù è stata ben accetta dalla grande maggioranza dei potenti, lo è oggi anche l’aborto. Però verrà il giorno, forse tra non molto tempo, in cui constateremo che in Europa si saprà rispettare la vita di ogni essere umano, che sia anziano o giovane, adulto, bambino o bambino non ancora nato.
AGATE RADZISZEWSKI/BELGIO: UNA SITUAZIONE TRISTE IN UNO DEI PAESI PIU’ SCRISTIANIZZATI D’EUROPA (intervista di GIUSEPPE RUSCONI)
Signora Radziszewski, quali ragioni hanno portato la vostra associazione a partecipare all’incontro internazionale di Roma?
L’Associazione belga dei giuristi per la vita (Jurivie) ci teneva ad essere presente per lanciare un segnale d’allarme riguardo ai pronunciamenti di un parlamento democraticamente eletto (quasi due terzi dei voti) su questioni come l’eutanasia dei minori, la sperimentazione su embrioni e feti legalizzata da molti anni, l’adozione per le coppie omosessuali, disegni di legge che attentano ampiamente all’obiezione di coscienza sollevata da medici che non vorrebbero praticare l’eutanasia… In un mondo globalizzato che per certi aspetti non è più di un villaggio, è importante che l’insieme dei Paesi del mondo prenda coscienza che il Belgio – meglio: chi lo guida – tenta di diffondere internazionalmente le sue leggi, prendendo pretesto dal fatto che sono state votate democraticamente. Si deve capire che ciò che ha votato il Parlamento belga oltrepassa di gran lunga i circa 10 milioni di belgi toccati direttamente da tali leggi.
Che cosa si attende dall’incontro di Roma?
Riponiamo grandi speranze in questo incontro. Tale tipo di riunioni, che originano condivisione, sono sempre fruttuosi e arricchiscono reciprocamente, al di là delle particolarità vissute localmente da ognuno. Quando scoppiano dei conflitti armati nell’uno o nell’altro Paese, la comunità internazionale tenta, sovente con successo, di applicare la teoria del diritto di ingerenza, per venire in aiuto delle popolazioni colpite, grazie ad appositi ‘corridoi umanitari’. Mutatis mutandis, vista la gravità della situazione in Belgio, sarebbe bene riflettere sul modo migliore per la comunità internazionale di restaurare nel nostro Paese la protezione della vita umana, essendo oggi i cittadini belgi palesemente incapaci di comprendere e reagire di fronte a quel che vivono in questo ambito.
Da anni il Belgio (come del resto l’Olanda) si distingue negativamente per la sua deriva antropologica. Come spiegarla?
Di certo, per quanto attiene ai laici, non vi si ritrova più da decenni nessuna voce pubblica autenticamente cristiana, né nel mondo universitario né tra i massmedia né negli ambienti sindacali.
Quanto alla Chiesa cattolica belga, sembra incapace di far fronte a tale situazione e resta sostanzialmente muta, reagendo il più delle volte con molto ritardo e minimizzando. La nostra associazione pensa che una delle cause del sostanziale silenzio della Chiesa sia legata alla crisi del maggio 1968, le cui conseguenze si fanno sentire ancora oggi, pure al suo interno. C’è qui da notare che, se in Olanda ci sono chiari segni di risveglio, in Belgio non sembrano all’orizzonte rinnovamenti positivi, a parte il sorgere di iniziative ( vedi i Dossards jaunes) promosse da cittadini preoccupati, tuttavia privi dell’eco auspicabile nel mondo massmediatico, anche cattolico.
Ma il Belgio è ancora un Paese cattolico?
Tanti avranno sentito dire che in Belgio la Chiesa cattolica è in caduta libera. Già dall’epoca del cardinale Danneels, primate del Belgio, la situazione non cessa di peggiorare sotto diversi aspetti. Il Belgio è oggi uno dei Paesi più scristianizzati d’Europa (vedi il numero dei suicidi). Tra gli aspetti degradati particolarmente importanti sono quelli riguardanti la formazione religiosa dei giovani, che condiziona il loro avvenire e quello della Chiesa.
Ad esempio i corsi di religione nelle scuole cattoliche, sempre che le ore siano più di quattro settimanali, possono essere impartiti da ogni insegnanti che abbia seguito un breve corso di formazione. Si deve notare un buon numero di insegnanti è ateo e non ha quasi un minimo di cultura cristiana.
Un altro esempio riguarda i corsi di educazione sessuale nelle scuole cattoliche. Data l’assenza di formatori cattolici, da decenni i direttori delle scuole cattoliche fanno ricorso ai centri di pianificazione familiare. E’ per questo che gli allievi delle scuole cattoliche ricevono in quel campo un’informazione tecnica in materia di pillola, preservativo, aborto, omosessualità, madri in affitto, ecc.. Le ragazze sanno che in ogni momento possono bussare alla porta di un centro di pianificazione familiare per un aborto, senza che i loro genitori ne siano mai informati. Del resto non ci si può attendere che tali centri insegnino l’amore coniugale alla luce del Vangelo.
Constatata la mancanza di iniziative da parte dei vescovi, un coraggioso gruppo di volontari (Croissance) forma i giovani di alcune scuole di Bruxelles. Forse qualche iniziativa del genere c’è anche in altre città!
La deriva antropologica ha toccato ultimamente abissi incredibili: l’eutanasia per i bambini. Peggio ancora se possibile: il bambino gravemente malato può chiedere lui stesso di morire.. Com’è possibile che leggi disumane come questa abbiano trovato l’accordo di una larga maggioranza di umani in veste di politici?
La situazione è molto preoccupante. I pochi partiti che hanno votato contro l’estensione dell’eutanasia l’hanno fatto tessendo l’apologia della legge sull’eutanasia del 2002, e specificando bene che non intendevano rimettere in causa la legalizzazione dell’eutanasia per gli adulti coscienti. Purtroppo i politici di buona volontà –nonostante quanto detto ce ne sono ancora parecchi – non sono a volte che il riflesso di ciò che pensa l’ élite intellettualedi riferimento, l’élite universitaria fosse pure ufficialmente cattolica.
Le illustro un esempio molto significativo di tale atteggiamento: l’iniziativa popolare europea ‘Uno di noi’ ha riscosso un grande successo (oltre un milione e 700 mila firme) ma è stata attaccata frontalmente dall’Università cattolica di Lovanio.
Questa ci pare grossa…
Senta. Nel marzo 2014 il rettore dell’Università Rik Torfs ha condotto la sua équipe di direzione in visita al Vaticano. Il grande quotidiano belga francofono Le Soir riferiva il 7 marzo due considerazioni del rettore: “Nel passato eravamo convocati a Roma solo in caso di problemi. Oggi ci andiamo di nostra iniziativa, poiché la Chiesa fa parte della nostra tradizione, noi non lo dimentichiamo. Grazie al Papa attuale è questo un buon momento per rinsaldare i legami”. Rileva il quotidiano: “Rik Torfs desidera rinforzare i rapporti tra l’Università di Lovanio e la Santa Sede, ma difende nel contempo la libertà accademica. (..) La visita di tre giorni (…) sarà l’occasione di parlare in particolare dell’eutanasia e delle cellule staminali”.
Lo scorso 7 aprile il diffusissimo quotidiano gratuito Métro diffondeva l’allarme a proposito dell’iniziativa ‘Uno di noi’: “La ricerca minacciata da un’iniziativa popolare… Nella loro lettera aperta i rettori delle università fiamminghe (tra cui Lovanio) mettono in guardia contro le conseguenze di una tale proposta… Domandano poi che nella sua risposta all’iniziativa popolare ‘Uno di noi’ la Commissione europea continui a riconoscere l’importanza della ricerca scientifica che utilizza cellule staminali embrionali umane come un contributo alla salute, al benessere, al progresso e alla coesione sociale in Europa”.
Quando un’università cosiddetta cattolica e prestigiosa come quella di Lovanio prende tali posizioni, senza che la Chiesa belga si scomponga, anzi forse le approva implicitamente (vedi la visita di inizio marzo citata più sopra), c’è da stupirsi che quasi due terzi dei parlamentari belgi votino l’estensione dell’eutanasia ai minori?
Ci si può anche domandare: perché re Filippo del Belgio non ha rifiutato di ratificare la legge? Non avrebbe potuto seguire – come gli era stato chiesto da migliaia di europei – il comportamento di re Baldovino che nel 1990 aveva rifiutato di ratificare la legge sull’aborto?
Non è sorprendente che il re Filippo non abbia rifiutato di firmare la legge sull’estensione dell’eutanasia ai minori. Il re non ha fatto altro che ratificare la procedura seguita dalla legge, rispettando così la Costituzione. Al tempo di re Baldovino, il Belgio era molto più cattolico che ai giorni nostri e il sovrano sapeva probabilmente che la maggioranza del popolo lo seguiva. La testimonianza da lui data nell’attenzione ai più deboli lo rendeva popolarissimo: il re era in comunione con il suo popolo. Ma una volta che l’aborto è stato legalizzato, le barriere sono cadute. Il popolo belga, assopito, non si è più mobilitato in modo consistente contro le numerose leggi mortifere votate una dopo l’altra. C’è anche da dire che il re Filippo, se non avesse firmato, avrebbe reso insicura la sopravvivenza dello Stato belga senza avere né comprensione né adesione da parte del suo popolo.
Il fatto che Bruxelles sia sede dell’Unione europea influenza in qualche modo l’atteggiamento del popolo belga in materia antropologica?
L’opinione pubblica belga ignora tutto dei dibattiti al Parlamento europeo sulle questioni legate al rispetto della vita umana. Tacciono i media belgi dominanti, forse perché non vogliono che si sappia che ci sono anche voci discordanti in materia. In ogni caso il Parlamento belga e quello europeo vivono per i belgi su due binari paralleli, ben separati come quelli dei treni.
Realisticamente vede possibilità di ribaltare l’attuale deriva antropologica?
San Giovanni Paolo II aveva a cuore il trionfo di una nuova cultura della vita. Considerata la profondità dei mali belgi, solo la costruzione di tale nuova cultura riuscirebbe a restaurare la civiltà dell’amore. Idealmente, la Chiesa cattolica belga dovrebbe essere capo-cantiere di tutti costruttori delle nuove cattedrali aperte alla Luce. Ma qui il dibattito va anche oltre le questioni di cui abbiamo parlato.