TERRA DI ISRAELE E STATO DI ISRAELE – di GIUSEPPE RUSCONI – su www.rossoporpora.org – 11 novembre 2015
Un numero del mensile geopolitico ‘Limes’ dedicato a “Israele e il Libro” (le radici bibliche dello Stato ebraico, Israele Stato composito, l’ondata di accoltellamenti) – I rapporti cattolico-ebraici – Le impegnative dichiarazioni di papa Francesco nel recente incontro con Ronald Lauder, presidente del Congresso ebraico mondiale, ricevuto per i cinquant’anni della dichiarazione conciliare ‘Nostra Aetate’.
E’ in edicola da poco il mensile geopolitico “Limes” 10/2015, dedicato a “Israele e il suo libro”. D’altra parte sono passati solo pochi giorni dal cinquantesimo anniversario della dichiarazione conciliare Nostra Aetate, sul tema delle relazioni tra il cattolicesimo e le religioni non cristiane, approvata (con un 4% di non placet ) dal Vaticano II e promulgata il 28 ottobre 1965. Per solennizzare la ricorrenza papa Francesco due settimane fa ha incontrato a Santa Marta anche tre membri della giunta del World Jewish Congress, capeggiati dal presidente Ronald Lauder. Il quale, in un incontro pomeridiano alla Stampa estera di via dell’Umiltà, ha riferito di alcune affermazioni molto impegnative (di cui diremo) di Francesco riguardo ai rapporti tra Chiesa e Israele.
I LEGAMI DELLO STATO DI ISRAELE CON LA TERRA DI ISRAELE
Nel quaderno della rivista diretta da Lucio Caracciolo si affronta con indubbia serietà storica la questione tanto complessa quanto delicata dei legami dello Stato di Israele con la terra di Israele. Certamente, si legge nell’introduzione, “la derivazione storico-religiosa dello Stato di Israele è più che mai dottrina diffusa negli ambiti ufficiali”. Ciò, si osserva, “anche per contrastare la vulgata che vorrebbe illustrare la legittimità di Israele come riparazione dell’Olocausto, tesi pericolosa perché deperibile”, dato che “quanto più ci allontaniamo dallo sterminio degli ebrei d’Europa tanto meno diffusa e cogente ne risulta la memoria”. Lo stesso primo ministro Netanyahu più volte ha insistito sul fatto che (vedi discorso del 2009 all’università Bar-Ilan) “la connessione fra il popolo ebraico e la Terra d’Israele dura da più di 3500 anni. Giudea e Samaria, dove vissero Abramo e Giacobbe, e Davide e Salomone, e Isaia e Geremia, non ci sono aliene. Questa è la terra dei nostri predecessori”. Perciò “il diritto del popolo ebraico a uno Stato nella Terra d’Israele non deriva dalla serie di disastri che colpirono il popolo ebraico per oltre 2000 anni (…) culminando nell’Olocausto”, perché “è un semplice fatto che Erets Yisra’el è la culla del popolo ebraico”.
Nell’ampia introduzione si affronta poi il tema dei confini nazionali di Israele, “inestricabilmente connessi alla demografia”, il che conduce a paradossi come il seguente: “Se la colonizzazione dei Territori procedesse fino all’annessione, la prevalenza ebraica nello Stato di Israele minaccerebbe di mutarsi in minorità”. Ovvero: “Quanto più grande, tanto meno ebraico sarà Israele”. Secondo l’attuale presidente Reuven Rivlin (venuto a Roma all’inizio dello scorso settembre, vedi in www.rossoporpora.org “Per Rivlin in Sinagoga accenti ebraici diversi”) Israele è oggi composta da “quattro ‘tribù’ principali, radicalmente diverse le une dalle altre e numericamente sempre più simili”: ebrei laici, ebrei religiosi, arabi e ultraortodossi, che studiano in scuole diverse, frequentano ambienti più o meno chiusi, ciascuna essendo identificabile con una sua capitale informale: Tel Aviv per i laici, Efrat per i religiosi, Umm al-Fahm per gli arabi, Bnei Braq per gli ortodossi.
L’ONDATA CRIMINALE DI ACCOLTELLAMENTI
Nell’ultima parte dell’introduzione ci si confronta con il problema dei criminali accoltellamenti che da settembre flagellano Israele, una sorta di ‘Terza Intifada’, di cui si evidenziano in particolare tre caratteristiche. La prima: è una preoccupante novità per Israele trovarsi “ad affrontare una sollevazione caotica, punteggiata di attacchi individuali all’arma bianca da parte di attentatori disperati, non inquadrati in formazioni politico-militari”. La seconda: conseguentemente gli apparati di sicurezza dello Stato non sono attrezzati per prevenire tale tipo di attacco terroristico. La terza: la grande maggioranza degli attentatori palestinesi viene da Gerusalemme Est, annessa a Israele nel 1967 e abitata da 350mila arabi per la maggior parte al di sotto della soglia di povertà. Conclusione: “Incrociando miseria, espansione delle colonie ebraiche, propaganda islamista e indifferenza della corrottissima Ramallah, dove le bande locali si disputano quel poco che resta degli aiuti internazionali, si ottiene la radice dell’insorgenza in atto”.
SU CHIESA CATTOLICA E ISRAELE
Il quaderno monografico di Limes affronta il tema principale da molti punti di vista: vi si troveranno contributi di carattere archeologico o letterario (con al centro la Bibbia); vi si approfondiscono ad esempio i rapporti con l’islamismo, il tema delle ‘radici giudaico-cristiane’ dell’Europa, le “radici evangeliche dell’alleanza Usa-Israele”, la “disputa infinita” attorno al Monte del Tempio. Anche, in una riflessione di Pier Francesco Fumagalli, le relazioni tra la Croce e la Torah. Fumagalli evidenzia tra l’altro il punto di vista sull’esistenza dello Stato di Israele espresso nel 1985 dalla Santa Sede attraverso la Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo: “Per quanto si riferisce all’esistenza dello Stato di Israele e alle sue scelte politiche, esse vanno viste in un’ottica che non è di per sé religiosa, ma che si richiama ai principi comuni del diritto internazionale. Il permanere di Israele è un fatto storico e segno da interpretare nel piano di Dio”. L’autore riporta poi una riflessione del 1998 sullo Stato di Israele del cardinale argentino Jorge Mejia (morto nello scorso dicembre), che fu sempre molto attento al dialogo cattolico-ebraico: “E’ certo uno Stato come gli altri, ma il fatto che sia indissolubilmente legato all’ebraismo (beninteso nelle sue diverse forme e tuttavia con la predominanza istituzionalizzata dell’ebraismo ortodosso) non pone problemi a proposito per esempio della libertà religiosa? (…) Non dico che non sia rispettata in Israele, benché taluni lo affermino. Ma è lecito porsi questo interrogativo. E dal punto di vista della Chiesa, soprattutto della Chiesa locale, che nella sua stragrande maggioranza è palestinese: essa è libera, come qualsiasi altra Chiesa, di prendere posizione di fronte a possibili o reali ingiustizie? Non che lo Stato non le riconosca questa libertà in linea di principio; ma si tratta di uno Stato legato all’ebraismo, con il quale la Chiesa ha dei rapporti così specifici”. Insomma, continua Fumagalli, “gli sguardi cristiani su Israele sono ricchi di implicazioni e dimensioni storiche, teologiche, sociali, culturali, politiche” e “gli atteggiamenti che ne conseguono dipenderanno dal variare di una o più di queste considerazioni”. Oggi però c’è una certezza: “L’azione e la preghiera che il vescovo di Roma, papa Francesco, sta cercando di proporci, è di grande incoraggiamento a perseverare su questa strada di riconciliazione, giustizia e misericordia”.
RONALD LAUDER E LE IMPEGNATIVE DICHIARAZIONI DEL PAPA SU ISRAELE
Il 28 ottobre, incontrando Ronald Lauder, Jorge Mario Bergoglio ha detto anche di più, secondo quanto riferito alla Stampa estera come “dichiarazione molto importante” dal presidente del Congresso ebraico internazionale. Lauder ha così introdotto l’argomento: “Santità, molto spesso qualcuno ci dice: Non sono antisemita, sono contro Israele. Tu sei un amico, che ne pensi?” E il Papa: “Attaccare gli ebrei è antisemitismo, un attacco deliberato allo Stato di Israele è antisemitismo. Ci possono essere disaccordi politici con i governi di Israele, ma lo Stato di Israele ha tutto il diritto di esistere in prosperità e sicurezza”. Ha commentato Ronald Lauder: “Quanto ha detto il Papa è molto importante per noi ebrei, poiché molto spesso l’antisemitismo viene nascosto dietro l’attacco allo Stato di Israele, come mi capita di sentire da certi politici che si riparano dietro il ‘non sono antisemita, ma sono contro Israele’. Lauder ha anche evidenziato, a proposito dei rapporti cattolico-ebraici, che “quanto avvenuto dopo il 1965 (NdR: anno della Nostra Aetate) non può essere definito che un miracolo. Devo dire che i rapporti tra cattolici ed ebrei a vari livelli non sono mai stati migliori nella storia”. Del resto la Nostra Aetateha cambiato il punto di vista della Chiesa nei confronti dell’ebraismo; è stato un documento con cui si è parlato ad alta voce dei diritti del popolo ebraico, dei fondamenti del cristianesimo e del giudaismo. Ciò ha portato a un dialogo aperto che dura da cinquant’anni”. Nell’occasione il presidente del Congresso ebraico internazionale, che rappresenta i 14,3 milioni di israeliti nel mondo, ha anche osservato che la questione dell’eventuale internazionalizzazione di Gerusalemme è molto complessa e non trova per il momento risposta. Lauder ha infine evocato il dramma delle centinaia di migliaia di cristiani in fuga dal Medio Oriente, un esodo tragico “come quello che toccò agli ebrei tanti anni fa”.
P.S. Da quando l'articolo è stato scritto, sono accaduti diversi fatti nuovi di gravità rilevante. Il primo: l'11 novembre la decisione inaudita della Commissione europea di marchiare le merci israeliane prodotte al di là della Linea Verde del 1967, primo passo verso il boicottaggio di tali merci. Il secondo: nel contempo a Beirut in un doppio attentato suicida nel quartiere sciita (di Hezbollah) muoiono 44 persone: il Libano rischia sempre più di essere coinvolto completamente nella guerra che l'Isis conduce in Siria contro Assad. Il terzo: l'accoltellamento, giovedì sera 12 novembre a Milano di un ebreo, Nathan Graff (un fatto pure inaudito per l'Italia). Il quarto: gli attacchi islamici coordinati e sanguinari portati contro Parigi la sera di venerdì 13 novembre, che al momento hanno provocato almeno 130 morti e 300 feriti, di cui molti in gravi condizioni.