CARD. PAROLIN: COSIDDETTI ‘NUOVI DIRITTI’, ANNIVERSARIO POLONIA – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 16 novembre 2018
Due interventi del Segretario di Stato vaticano. Il primo al simposio ‘Diritti fondamentali e conflitti fra diritti’ promosso a Roma dalla Fondazione Joseph Ratzinger-Benedetto XVI in collaborazione con l’Università LUMSA. Il secondo è invece l’omelia durante la Messa in Santa Maria Maggiore per i cento anni della riacquistata indipendenza della Polonia. Anche un Convegno presso la Gregoriana per ricordare l’anniversario, su iniziativa dell’ambasciata di Polonia presso la Santa Sede.
DALLA RELAZIONE DEL CARD. PAROLIN SU ‘DIRITTI FONDAMENTALI E NUOVI DIRITTI’
Il 15 e il 16 novembre 2018 a Roma la Sala Giubileo di Porta Castello ha ospitato un convegno internazionale organizzato a settant’anni dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 10 dicembre 1948. Promotori erano la Fondazione Joseph Ratzinger-Benedetto XVI e la Libera Università Maria Santissima Assunta (LUMSA). Nelle due giornate si sono ascoltati relatori di diversi Paesi su ‘Genesi e significato dell’idea di libertà religiosa’, ‘Laicità e diritto naturale’, ‘Nascita e trasformazione della cultura della libertà e dei diritti umani nella società odierna’, ‘La moltiplicazione dei diritti e il pericolo della distruzione dell’idea di diritto’ (con tra l’altro l’intervento di Joseph Weiler dal titolo molto significativo “La crisi d’identità dell’Europa come crisi di una concezione ragionevole dei diritti umani”).
Il Convegno è stata caratterizzato anche dalla prolusione del cardinale Pietro Parolin su “Gli interlocutori della Chiesa nel dibattito e nella affermazione dei diritti umani”. Da tale prolusione abbiamo tratto le citazioni (che non pretendono certo di essere esaustive) che seguono.
Diritti umani e Rivoluzione Francese: Certamente non possiamo dimenticare che l’atteggiamento della Chiesa e la sua propensione a dialogare sul tema sono andati evolvendosi lungo i secoli da quando l’espressione è comparsa agli albori della Rivoluzione Francese nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 26 agosto 1789. Come è noto, dapprincipio ci fu il rifiuto di ogni possibile dialogo al riguardo con la società. I diritti umani venivano percepiti esclusivamente come il tentativo di rovesciare gli autentici valori cristiani su cui si basava la convivenza civile e la volontà di creare una società alla cui base ci fosse un impianto normativo affrancato dalla religione.
Rerum novarum e Concilio Vaticano II: Il linguaggio dei diritti entra lentamente nella vita della Chiesa con lo sviluppo della dottrina sociale. L’enciclica Rerum novarum di Leone XIII menzionerà il diritto di proprietà, legando il concetto di proprietà privata al diritto naturale e ricordando che le leggi civili (…), quando sono giuste, derivano la propria autorità ed efficacia dalla stessa legge naturale, confermano tale diritto e lo assicurano con la pubblica forza. (…) In seguito agli eventi drammatici della Seconda Guerra mondiale e con l’instaurarsi di un nuovo rapporto con la modernità negli anni del Concilio Vaticano II, la Chiesa (…) si è resa essa stessa promotrice dei diritti umani fondamentali, purtuttavia non rinunciando a sottolineare le prerogative della legge divina.
Diritti umani proclamati e spirito del Vangelo: Perciò la Chiesa, in forza del Vangelo affidatole, proclama i diritti umani e riconosce e riconosce e apprezza molto il dinamismo con cui ai giorni nostri tali diritti vengono promossi ovunque. Questo movimento tuttavia deve essere impegnato dello spirito del Vangelo e dev’essere protetto contro ogni specie di falsa autonomia. Siamo, infatti, esposti alla tentazione di pensare che i nostri diritti personali sono pienamente salvi solo quando veniamo sciolti da ogni norma di legge divina (dalla Gaudium et Spes).
‘Diritti’ incompatibili e colonizzazione ideologica: Laddove si promuovono ‘diritti’ che la Chiesa reputa incompatibili tanto con la legge divina che con quella naturale, conoscibile con la retta ragione, la Santa Sede non cesserà di levare la sua voce anzitutto in difesa della stessa persona umana. Non si tratta di arroccarsi dietro a posizioni preconcette, quanto di difendere lo sviluppo armonico e integrale dell’uomo, poiché purtroppo, come notava papa Francesco, ‘vi può essere il rischio – per certi versi paradossale – che, in nome degli stessi diritti umani, si vengano a instaurare moderne forme di colonizzazione ideologica, così che alcuni diritti fondamentali vengono lesi in nome della promozione di altri diritti.'
Dialogo arduo: L’interlocuzione è più complicata soprattutto laddove si toccano gli ambiti più intimi della vita e della persona umana senza un ancoraggio oggettivo. Il cristianesimo infatti rimanda alla natura e alla ragione quali vere fonti del diritto (…) Al contrario in tempi recenti sembra aver prevalso una visione frammentata dell’uomo, sciolto da ogni nesso, tanto con il soprannaturale che con gli altri uomini, così che si è innescato un meccanismo in base al quale i diritti umani vengono assoggettati al comune sentire della maggioranza.
Approccio della Chiesa ai diritti umani a partire dalla loro universalità, razionalità e oggettività e dunque…: In primo luogo vi è il diritto alla vita (…) Si tratta della vera base di tutti i diritti umani. (…) Accanto alla difesa dell’inizio della vita e della sua fine naturale (…), oggi si presentano nuove sfide legate alla moderna biotecnica e favorite talvolta da legislazioni piuttosto permissive. Spinose questioni si pongono circa la manipolazione genetica, la tratta degli organi e i nuovi sviluppi della ‘ibridazione’ della persona umana con il genoma di altre specie. (…) Purtroppo proprio il diritto alla vita sembra essere il più esposto all’individualisno che connota particolarmente le società occidentali. Nel costante tentativo di affrancare l’uomo da Dio, la vita cessa di essere un dono e viene piuttosto considerata alla stregua di una proprietà, di cui ciascuno può liberamente disporre nei limiti posti dal semplice consenso della maggioranza.
Rifugiati e migranti, il prendersi cura, papa Francesco e l’ostilità: Papa Francesco non ha mancato di richiamare l’urgenza di prendersi cura di chi è costretto ad abbandonare la propria terra a causa di guerre e persecuzioni, come pure per fame e ristrettezze economiche. Sappiamo che questo suo impegno (…) gli ha procurato talvolta un sentimento di ostilità specialmente tra quanti hanno visto il proprio territorio fortemente investito dalle recenti ondate migratorie (NdR: da notare quel ‘fortemente investito’, un’espressione inusuale ....per non utilizzare il verbo invadere?)
Rifugiati e migranti, niente fraintendimenti: Non si deve tuttavia indulgere in fraintendimenti. Lo stesso Papa Francesco non ha mancato di sottolineare che l’accoglienza deve essere ragionevole, ovvero deve essere accompagnata dalla capacità di integrare e dalla prudenza dei governanti. Affermare il diritto di chi è debole a ricevere protezione non significa dunque esentarlo dal dovere di rispettare il luogo che lo accoglie, con la sua cultura e le sue tradizioni. D’altra parte il dovere degli Stati di intervenire in favore di chi è in pericolo, non significa abdicare al legittimo diritto di tutelare e proteggere i propri cittadini e i propri valori.
All’origine dei diritti umani, dopo aver richiamato la parabola del Buon Samaritano: All’origine dei diritti umani non vi è alcun diritto, né tantomeno v’è un dovere. Non vi è il diritto del viandante ferito ad essere curato, né di per sé il dovere di alcuno dei passanti di assisterlo. All’origine vi sono solo la compassione e la gratuità – in termini cristiani diciamo la carità – di un uomo che scorge un altro uomo in pericolo. (…) In tal senso il concetto stesso di diritto umano porta iscritta nel suo DNA la carità evangelica, che completa e – potremmo dire – sublima la natura stessa dell’uomo.
Quello che ci preoccupa: La difficoltà del nostro tempo non sta tanto nel tentativo di affrancare i diritti umani da un qualunque legame con il cristianesimo (…) bensì la perdita di ancoraggio filosofico e giuridico dei diritti stessi (…). Senza una chiara visione antropologica, ogni diritto chiama altri diritti, i quali finiscono per fagocitarsi e reprimersi a vicenda. La tentazione moderna è di accentuare molto la parola ‘diritti’, tralasciando quella più importante: ‘umani’.
DALL’OMELIA DEL CARD. PAROLIN DURANTE LA MESSA PER IL CENTESIMO ANNIVERSARIO DELLA RICONQUISTATA INDIPENDENZA POLACCA – IL CONVEGNO ALLA GREGORIANA DI MERCOLEDI’ 14 NOVEMBRE
Nel tardo pomeriggio di giovedì 8 novembre 2018 il cardinale Segretario di Stato ha presieduto nella basilica di Santa Maria Maggiore la messa commemorativa del centenario della riacquistata indipendenza polacca. Da notare che domenica 11 novembre a Varsavia circa 250mila persone (dati ufficiali) hanno partecipato alla marcia convocata per l’anniversario (in testa il presidente Duda e il premier Morawiecki): una marcia pacifica, patriottica, connotata dallo sventolio impressionante di decine di migliaia di bandiere nazionali. Ha sfilato anche una piccola frangia di ultranazionalisti provenienti da diversi Paesi d’Europa, che è servita a molti media occidentali per etichettare e squalificare la grande manifestazione di amor patrio. Inoltre mercoledì 14 novembre l’ambasciata di Polonia presso la Santa Sede, congiuntamente con l’Università Gregoriana, ha promosso presso l’ateneo pontificio di piazza della Pilotta un convegno internazionale sul “1918, anno dell’Indipendenza”. Diamo subito qualche informazione su quest’ultimo.
Tra i relatori l’arcivescovo Paul Richard Gallagher (Segretario per i Rapporti con gli Stati) ha evidenziato gli sforzi di Benedetto XV per far cessare la carneficina della Grande Guerra 1914-18 e per una pace fondata sulla giustizia. A tale proposito è noto che lo stesso Benedetto XV riteneva troppo dure le condizioni del Trattato di Versailles. Gallagher ha poi rilevato come l’azione della Chiesa nei conflitti poggi “sull’imparzialità politica”, il che “non significa un ritiro dalle scena. Ma un focalizzare l’attenzione sulla ricerca del bene comune dell’intera famiglia umana”. Dopo la fine del conflitto mondiale la Santa Sede ha continuato a lavorare per la pace. E ha accettato che nascessero nuovi Stati (pur non promovendoli) sulle ceneri degli Imperi centrali dissolti, in particolare di quello austro-ungarico. Il riconoscimento dei nuovi Stati è stato valutato “caso per caso” e comunque soggetto alla definizione dei confini geografici. Soprattutto l’attività diplomatica della Santa Sede si è spiegata con la ricerca di concordati bilaterali, il che si è anche riflesso nell’aumento del numero dei nunzi apostolici dai 14 del 1917 ai 27 del 1922.
Da parte sua l’ambasciatore di Polonia presso la Santa Sede Janusz Kotański ha ripercorso la storia nazionale da quando la Polonia “sparì dalla carta europea” alla fine del Settecento, divisa tra Prussia, Austria, Russia fino al momento della ritrovata indipendenza: nel novembre 1918 il maresciallo Jozef Pildsudski proclamò la nascita della Repubblica di Polonia, che da subito non ebbe vita tranquilla. Il “miracolo della Vistola” dell’agosto 1920 – cioè la vittoria dell’esercito polacco nella battaglia di Varsavia contro quello bolscevico” – salvò, come ha detto il diplomatico, la Polonia e anche l’Occidente dall’espansione sovietica. Nel settembre 1939 il Paese fu aggredito e occupato dall’esercito nazista e dall’Armata Rossa, poi nel secondo dopoguerra dovette sottostare al regime sovietico. Ma negli Anni Ottanta grazie all’azione congiunta di papa Giovanni Paolo II e di Solidarnośc “il sistema iniziò a sgretolarsi” e nel 1989-91 “si disintegrò”. Ora la Polonia “è uno Stato forte, democratico, sovrano e può celebrare con gioia il centenario della riconquistata Indipendenza”.
Tra gli altri relatori del convegno, moderato dal professor Marek Inglot, il professor Jan Mikrut (sintesi della situazione internazionale), mons. Joseph Murphy (capo del Protocollo della Santa Sede, indipendenza irlandese) e gli ambasciatori presso la Santa Sede di Lituania, Slovenia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ucraina che hanno illustrato da un punto di vista storico quanto accadde nei loro Paesi (inoltre il testo dell’ambasciatore di Georgia è stato letto da Kotański).
Chiudiamo con alcune citazioni significative estrapolate dall’omelia in Santa Maria Maggiore del cardinale Pietro Parolin.
Papa Francesco: Al Santo Padre Francesco sta particolarmente a cuore la vostra Nazione, per la sua storica testimonianza di fede e per i suoi saldi vincoli con la Sede Apostolica, nonché per il prezioso dono del santo papa Giovanni Paolo II
La Costituzione del 1791: L’11 novembre 1918, dopo 123 anni di occupazione straniera, la Polonia riconquistò la sua indipendenza e nacque la Seconda Repubblica di Polonia. (…) La rinata Repubblica poteva rifarsi ad un passato ricco di storia e di cultura. Vorrei menzionare la Costituzione polacca del 1791, considerata la prima Costituzione moderna in Europa, che riconosceva il principio della sovranità popolare, la separazione dei poteri e subordinava il Governo al Parlamento. Il suo primo articolo confermava la fede cattolica come religione della Nazione, assicurando però, allo stesso tempo, la libertà religiosa alle altre confessioni. Si tratta di un documento che manifestava e in parte anticipava la nostra moderna concezione di Stato democratico, senza dubbio una grande lezione da attualizzare anche nei nostri tempi.
Santa Faustina Kowalska: Nel piano di salvezza Dio ha affidato in modo peculiare ad una figlia della vostra amata Nazione, tra la prima e la seconda guerra mondiale, il ‘nucleo del Vangelo e della nostra fede’, il messaggio dello sguardo misericordioso di Dio sull’uomo, un messaggio che si è legato per sempre al secolo ventesimo. Mi riferisco a santa Faustina Kowalska, che papa Francesco ha descritto come grande apostola della misericordia.