REPRESSIONE CUBANA – UNGHERIA-POLONIA E ROMANIA PER I CRISTIANI – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 25 agosto 2020
Il Rapporto 2019 dell’Istituto Patmos sulla condizione della libertà religiosa a Cuba. Il 17 agosto Ungheria e Polonia hanno sottoscritto un Memorandum di collaborazione per il sostegno in primo luogo ai cristiani perseguitati. Domenica 16 agosto in Romania prima giornata nazionale per la consapevolezza dell’aumento della violenza contro i cristiani nel mondo
A CUBA IN NETTA CRESCITA GLI ATTACCHI GOVERNATIVI ALLA LIBERTA’ RELIGIOSA: IL RAPPORTO ANNUALE DELL’ISTITUTO PATMOS
Il 17 dicembre 2017 avevamo dato conto in questo nostro sito del Rapporto 2014-17 sulla libertà religiosa a Cuba: elaborato dall’Istituto Patmos, fondato da diversi leaders religiosi il 2 febbraio 2013 a Taguayabón nel 2013 e di ispirazione battista (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/vaticano/746-cuba-liberta-religiosa-di-la-da-venire.html ), era stato inviato su richiesta al Consiglio dei diritti umani dell’ONU per integrare il materiale raccolto in vista del consueto esame periodico della libertà religiosa Stato per Stato.
Abbiamo ora a disposizione il Rapporto 2019 dello stesso Istituto, che ha sede a Washington ed è coordinato dal pastore battista Mario Félix Lleonart (costretto a espatriare nel 2016). E’ un documento che conferma come sull’isola il post- Fidel e Raoul Castro siano contrassegnati addirittura da un aumento delle attività poliziesche di repressione di quella poca libertà religiosa che era stato concessa negli ultimi anni dal castrismo.
L’Istituto Patmos si definisce come “un’organizzazione della società civile cubana”, non riconosciuta come istituzione dal Ministero della Giustizia di Cuba e si pone quattro obiettivi fondamentali: l’esercizio del dialogo interreligioso, la volontà di incidere politicamente nella realtà, il monitoraggio e la difesa specifica delle libertà religiose, un’educazione fondata sull’applicazione dei diritti umani fondamentali riconosciuti nella Dichiarazione universale del 1948. L’Istituto cerca di promuovere in tutta l’isola la formazione di attivisti che facciano crescere nella popolazione la considerazione per tali diritti; per raggiungere l’obiettivo utilizza anche media come El blog del Instituto Patmos, le riviste Cuadernos de Pensamiento Plural e Nota del Cielo e il programma radiofonico Cubano Confesante. Inoltre fornisce dati in tempo reale a diverse organizzazioni mondiali per i diritti umani e ogni anno premia “un credente cubano coerente con la sua fede”. Tra gli altri hanno ricevuto il riconoscimento Dagoberto Valdés Hernández nel 2017 e l’anno successivo Eduardo Cardet Concepción (leader del Movimiento Cristiano Liberación fondato da Oswaldo Payá, morto in un incidente sospetto nel 2012 – vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/interviste-a-personalita/401-cuba-2-anni-fa-moriva-oswaldo-paya-intervista-alla-figlia-rosa-maria.html ).
DALL’ INTRODUZIONE DEL RAPPORTO 2019 (nostra traduzione dallo spagnolo)
. Il fatto più preoccupante di questo Rapporto (…) non sono le violazioni identificate e denunciate, ma quelle che non sono registrate nel Rapporto. Esse superano sensibilmente quelle incluse e ciò deriva sia dalla nostra limitata capacità di monitoraggio che dalla volontà delle vittime di restare in silenzio, anche quando le abbiamo identificate. Ciò che è incluso nel Rapporto è solo una minima parte di tutte le violazioni della libertà religiosa avvenute a Cuba e che vanno addebitate come massimo responsabile al Partito Comunista di Cuba (PCC) e alla sua ‘Oficina de Atención a los Asuntos Religiosos (OAAR).
. L’anno 2019 si è posto in una continuità inasprita della larga messe di violazioni delle libertà religiose che avvengono a Cuba da sessant’anni. Il 2019 si è caratterizzato per un incremento allarmante di inclinazione e intensità di queste violazioni. (…) L’OAAR con le sue attività repressive ha colpito senza eccezioni l’intero mondo religioso nazionale, dalla Chiesa cattolica, passando per tutte le denominazioni protestanti e evangeliche (riconosciute o no), giungendo alle minoranze religiose non riconosciute legalmente.
. L’anno 2019 è stato contrassegnato dalla approvazione fraudolenta il 24 febbraio di una Costituzione che separa le libertà religiose da quella di coscienza, distanziandosi tanto dalle leggi cubane anteriori che dalle convenzioni internazionali.
NdR: Ricordiamo che il 24 febbraio 2019 il popolo cubano si è pronunciato sulle modifiche costituzionali votate dall’Assemblea nazionale del Poder Popular nel luglio 2018. In sintesi con le modifiche si concedevano alcune ‘aperture’ al mercato (come il principio del riconoscimento della proprietà privata), ma senza toccare i pilastri del sistema castrista (dunque niente pluralismo politico). Inoltre la nuova Costituzione prevedeva la distinzione tra libertà di coscienza e libertà religiose e l’eliminazione del requisito richiesto per il matrimonio (“tra un uomo e una donna”). La campagna è stata punteggiata di irregolarità, con continue discriminazioni verso gli oppositori che raccomandavano il ‘no’ o l’astensione. Alle urne si è recato il 90,15% degli elettori. 325.774 le schede bianche o nulle. 706.400 i ‘no’. I ‘sì’ sono risultati 6.816.169 (il 90,61% di chi si è espresso). Da notare la percentuale insolitamente alta (per regimi come Cuba) di elettori che non sono andati a votare o hanno espresso voto negativo o bianco.
ALCUNI ESEMPI DI VIOLAZIONI AI DANNI DEI CATTOLICI
. Le rappresaglie governative contro la Chiesa cattolica a Cuba sono aumentate dopo che la Conferenza episcopale nazionale ha pubblicato il suo Messaggio pastorale in occasione del processo di consultazione del progetto di nuova Costituzione.
NdR: Nel Messaggio i vescovi avevano evidenziato la necessità di tenere in considerazione la dignità dell’uomo e della donna, il rispetto dei diritti umani, la famiglia, l’economia e il servizio per il bene comune. Avevano chiesto l’applicazione degli accordi internazionali, in particolare della Dichiarazione dei diritti dell’uomo (ad esempio: diritto alla diversità di opinione, diritto alla vita, all’obiezione di coscienza, a professare una fede, alla libertà di poter praticare una religione). I vescovi avevano chiesto il riconoscimento giuridico della Chiesa cattolica e la creazione di un Tribunale delle Garanzie costituzionali. Avevano poi esortato i fedeli a decidere in coscienza e libertà. Il Messaggio pastorale non era molto piaciuto al regime.
. Tra le misure repressive l’imprigionamento di uno dei laici cattolici più conosciuti, Roberto de Jesús Quiñones Hacies, molto attivo nella pastorale penitenziaria e familiare della diocesi di Guantánamo-Baracoa (premio Patmos 2019). In maggio è stata annullata la conferenza del laico Dagoberto Valdés Hernández nella diocesi di Santa Clara; il 28 luglio numerosi cattolici non hanno potuto assistere ai funerali del cardinale Jaime Ortega y Alamino, il primo agosto sono state cancellate le manifestazioni per la Giornata nazionale della Gioventù Cattolica; l’8 settembre (festività in cui molti fedeli portano girasoli in parrocchia) proprio i girasoli erano introvabili nei mercati di tutta l’isola e chi ne era provvisto era guardato con sospetto dalle autorità.
. Ogni domenica mediamente trenta cattolici hanno riferito di essere stati impediti di assistere alla messa, in particolare le donne ‘Damas de Blanco’.
. Tra le profanazioni quelle avvenute il 9 giugno nella parrocchia “La Cruz de Mayo” (provincia di Villa Clara) e il 25 agosto a “Nuestra Señora de la Guardia” (Luyanó).
ALTRE VIOLAZIONI DELLA LIBERTA’ RELIGIOSA AI DANNI DI PROTESTANTI E VARIE CONFESSIONI E RELIGIONI
. L’8% degli evangelici, una trentina di denominazioni, sono affiliate al ‘Consejo de Iglesias de Cuba’. La OAAR vigila, manipola e controlla la totalità dei progetti di questa organizzazione. Il fatto di essere riconosciute legalmente non evita a queste denominazioni le profanazioni, come è accaduto il 2 novembre 2019 alla Chiesa episcopale di Matanzas. Ancora peggiore la situazione per le denominazioni legalmente riconosciute ma non affiliate al ‘Consejo de Iglesias de Cuba’, ai cui pastori sono regolarmente negati i visti.
. A fine 2019 la comunità ebraica Bnei Anusim en Cuba ha ricevuto un ultimatum dalle autorità: se i bambini avessero continuato a portare la kippah a scuola, i loro genitori sarebbero stati indagati. E’ da anni che gli ebrei denunciano attacchi anche antisemiti sia sul posto di lavoro che contro i figli a scuola (soprattutto a Camagüey)
. Decine poi i giornalisti cristiani minacciati, denunciati, incarcerati: continue ad esempio le ‘attenzioni’ poliziesche contro il Centro de Estudios Convivencia, diretto da Rigoberto Valdés.
. Nel Rapporto sono citati ventiquattro (in realtà sono molti di più) casi di impedimento di uscita dall’isola per leaders religiosi, cattolici, battisti, metodisti: tra loro Francisco Luis Manzanet Ortiz, coordinatore del Movimiento Juan Pablo II, Baracoa; Leonardo Rodriguez Alonso, Matilde González Albernas e Dalila Rodriguez González dell’Istituto Patmos. Molti altri i religiosi (diversi i sacerdoti cattolici) di cui Patmos conosce le difficoltà incontrate con le autorità cubane: essi preferiscono però non essere citati pubblicamente.
UNGHERIA E POLONIA: UN MEMORANDUM COMUNE PER L’AIUTO AI CRISTIANI PERSEGUITATI
Si sa che nelle cerchie del ‘politicamente corretto’ Ungheria e Polonia sono considerate Paesi per molti versi reazionari, oscurantisti, a dir poco medievali (una etichetta quest’ultima che trascura bellamente le tante luci che hanno illuminato anche la cosiddetta ‘età di mezzo’). Basta leggere Avvenire per ritrovare il veleno che trasuda da ogni riga quando scrive delle politiche di Varsavia e di Budapest. Perfino la di nuovo garrula ex-ministra e sottosegretaria Maria Elena Boschi qualche giorno fa al Meeting di Rimini, a proposito di ruolo dei Parlamento al tempo del coronavirus, ha voluto definire come “molto preoccupante la scelta più o meno consapevole e libera del Parlamento ungherese di chiudere sostanzialmente la propria attività durante il periodo dell’emergenza”. Ormai la Maria Elena non è più la secchiona di sempre e si constata ormai – in tutt’altre faccende affaccendata - come le siano sfuggiti due fatti elementari. Il primo: il Parlamento ungherese il 16 giugno ha revocato a Orban i pieni poteri, attribuitigli il 30 marzo al fine di contrastare con maggiore incisività la pandemia. Il secondo: la Maria Elena fa parte di un governo che invece, a colpi di decreti da molti giuristi considerati incostituzionali, continua a esautorare de facto il Parlamento italiano. Aridatece la secchiona!
Intanto Ungheria e Polonia hanno dimostrato ancora una volta di saper agire con incisività nell’ambito dell’aiuto ai cristiani perseguitati (a differenza dell’Unione europea e anche dell’Italia, che su un tema come questo continuano a essere inconcludenti… a parte qualche bla bla di rito).
Infatti il 17 agosto 2020 a Budapest è stato firmato un Memorandum tra Ungheria e Polonia riguardante la collaborazione regolare tra i due Stati per incrementare in primo luogo il sostegno ai cristiani e ad altre comunità religiose perseguitate nel mondo. Si tratta di promuovere la stabilizzazione, il recupero e la riconciliazione attraverso la cooperazione umanitaria e l’aiuto allo sviluppo quale risposta concreta alle crisi umanitarie e alle violazioni della libertà religiosa in vaste aree del pianeta. Il Memorandum è stato sottoscritto – in nome del Governo ungherese - dal segretario di Stato per l’aiuto ai cristiani perseguitati Tristan Azbej e, da parte polacca, dal Ministero degli Affari esteri nella persona del sottosegretario di Stato per la operazione economica e lo sviluppo di Africa e Medio Oriente Pawel Jablónski. Quest’ultimo ha annunciato a margine della firma l’organizzazione a Varsavia a novembre di una conferenza ministeriale sulla libertà religiosa, un’iniziativa polacca e statunitense con il forte appoggio ungherese. Sempre Jablonski ha rilevato nella stessa occasione che il sostegno previsto dal Memorandum andrà in particolare ai cristiani perseguitati del Medio Oriente, dell’Africa e anche di alcuni Stati europei (il riferimento è alle chiese di Lesbo attaccate da migranti non cristiani). .
E’ noto che da tre anni l’Ungheria ha creato un proprio Segretariato di Stato per il sostegno concreto ai cristiani perseguitati (e non solo a loro: vedi i recenti aiuti agli yazidi per il loro reinsediamento in Siria), che coordina anche il progetto umanitario governativo Hungary Helps Program. Si opera perché le comunità minacciate possano ritrovare la loro casa e usufruire dei servizi essenziali come il diritto alla salute, all’educazione e ai servizi legali. Dal 2017 il governo ungherese a tale scopo ha versato 41,7 milioni di dollari per i bisogni di comunità nel Medio Oriente, Africa e Asia meridionale. Anche la Polonia, con il programma Polish Aid, è da anni che cerca di contrastare concretamente la destabilizzazione di intere comunità – in particolare cristiane - di cui viene violato anche uno dei diritti fondamentali, quello alla libertà religiosa (in Medio Oriente e nell’Africa sub-sahariana).
Il potenziamento dell’aiuto in primo luogo ai cristiani perseguitati - derivato come scritto dall’instaurarsi di una collaborazione regolare a tal fine tra Ungheria e Polonia – punta anche a far crescere a livello nazionale e internazionale, tra i politici e nell’opinione pubblica, la percezione e dunque la consapevolezza dell’aumento costante nel mondo dell’intolleranza verso la libertà religiosa, particolarmente violata – anche in aree insospettabili fino a qualche tempo fa - in questo inizio di XXI secolo.
ROMANIA: IL 16 AGOSTO PRIMA GIORNATA DI CONSAPEVOLEZZA DELLA VIOLENZA CONTRO I CRISTIANI
Un’altra bella notizia ci giunge dall’Est europeo: domenica 16 agosto la Romania ha celebrato la prima giornata nazionale di consapevolezza della violenza contro i cristiani nel mondo. L’ha istituita a giugno il governo minoritario liberale guidato da Ludovic Orban (in carica dal 14 marzo scorso) con l’appoggio della maggior parte delle forze politiche e delle Chiese, in primo luogo di quella ortodossa (largamente maggioritaria nel Paese, con oltre l’85% dei fedeli, essendo i cattolici poco più del 4%).
Il 16 agosto tradizionalmente la Chiesa ortodossa commemora il sacrificio del principe Costantino Brâncoveanu, dei suoi quattro figli e di uno dei suoi consiglieri: tutti beatificati dall’Ortodossia nel 1992, vennero catturati dai turchi invasori nel 1714 e portati a Istanbul, dove secondo la tradizione furono decapitati il 15 agosto non avendo voluto il principe – portato davanti al sultano Ahmed III - convertirsi all’Islam. Quest’anno al ricordo dei martiri e alla valorizzazione del ruolo del cristianesimo nella storia e nell’identità del Paese si è voluta unire per la prima volta la riflessione sull’accrescersi delle violenza anticristiane nel mondo. Per l’occasione sono stati illuminati di rosso i principali monumenti, compreso il Parlamento.