ROMA/SANT’IPPOLITO /BILANCIO 2021: E’ PASSATO UN ALTRO ANNO … - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 5 febbraio 2022
A un anno di distanza nuova intervista a mons. Manlio Asta sul 2021 nella parrocchia di Sant’Ippolito martire a Roma. Le restrizioni delle libertà imposte in funzione anti-pandemia e i loro riflessi psicologici come hanno modificato il comportamento dei fedeli? Oltre al parroco abbiamo ascoltato anche Francesco Coroneo (parrocchiani adulti) e Micol Fontana (giovani)
Quasi due anni fa anche in Italia incominciava a diffondersi un virus sconosciuto di origine cinese. In pochi giorni i casi di contagiati si moltiplicarono – con conseguenze gravi in migliaia di casi - prima in aree lombarde e venete, poi nel resto della Penisola. In breve tempo il governo Conte II decretò pesanti restrizioni di alcune libertà fondamentali miranti a contrastare l’avanzata del virus. Anche la vita ecclesiale ne fu toccata con la sospensione in particolare delle celebrazioni eucaristiche fin oltre metà maggio. Successivamente si è proceduto in un’altalena di chiusure e riaperture che persiste, anche sotto il governo Draghi. Da un anno è a disposizione il vaccino (in varie forme) con cui la scienza medica ha cercato e cerca di ridurre i contagi al minimo. Ora ci troviamo in una situazione sanitaria complessivamente migliore e di conseguente parziale allentamento delle norme gravemente restrittive imposte. C’è da osservare che tale parziale allentamento non vale per l’intera popolazione: chi non ha voluto sottostare all’obbligo (de facto) del vaccino è oggi duramente emarginato dalla vita sociale.
L’11 gennaio 2021 abbiamo pubblicato un’amplissima intervista a mons. Manlio Asta, parroco di Sant’Ippolito martire a Piazza Bologna a Roma ( vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/italia/999-parrocchie-sant-ippolito-roma-bilancio-2020-parla-mons-manlio-asta.html ). E’ una parrocchia cui abbiamo anche dedicato un capitolo del nostro libro “L’impegno – Come la Chiesa italiana accompagna la società nella vita di ogni giorno”, edizioni Rubbettino (vedi la rubrica in questo stesso sito) ed è del resto la parrocchia in cui da anni abbiamo la fortuna e il piacere da anni di frequentare la messa domenicale.
A un anno di distanza da quell’intervista che cosa è cambiato nella vita di Sant’Ippolito, esempio di una comunità tradizionalmente assai efficiente? Abbiamo perciò re-intervistato mons. Asta e stavolta abbiamo raccolto anche le riflessioni di Francesco Coroneo (per i gruppi impegnati di parrocchiani adulti) e di Micol Fontana (per l’universo giovanile).
MONS. ASTA: NON E’ PIU’ UN’EMERGENZA, SIAMO COSTRETTI ALLA UNA CONVIVENZA CON UNA SITUAZIONE SANITARIA IMPREVEDIBILE. LA PASTORALE DEVE ADATTARSI AI TEMPI NUOVI.
Mons. Manlio Asta, parroco di Sant’Ippolito dal settembre 2018, negli ultimi due anni si è dovuto confrontare da responsabile della comunità ecclesiale con una situazione tanto inaspettata quanto delicata…. Don Manlio, qual è la prima riflessione che vuole proporci in materia?
Direi che in questi due anni abbiamo compreso che per lungo tempo dovremo convivere con una certa situazione sanitaria. Ormai non si può più considerare un’emergenza: è il nostro oggi e forse anche il nostro domani. Perciò dobbiamo fare in modo che la vita della Chiesa e la nostra pastorale possano proseguire il più incisivamente possibile, tenendo conto che non si potrà più progettare secondo i parametri del passato…
Niente nostalgie, dunque…
… e neppure una spasmodica attesa di un futuro che si presenta sotto il segno dell’incertezza. Oggi vivere cristianamente significa anche confrontarsi con tutte le possibilità di vita in tal senso che ci sono offerte. Alla fine è vero che la pastorale ecclesiale serve ad aiutare le persone nella loro concretezza a vivere secondo il Vangelo. In questi due anni abbiamo accumulato esperienze preziose e ora siamo riusciti in qualche modo a organizzarci perché la parrocchia possa proseguire la sua missione.
Organizzati pragmaticamente…
E’ vero che ancor più che in passato la vita parrocchiale è ormai concentrata sulla liturgia e sull’esercizio della carità.
E la formazione?
Certo, anche se faticosamente per le note restrizioni, le attività tese alla formazione devono essere continuate, magari con modalità in parte nuove.
Veniamo dunque alla liturgia e partiamo dalle messe domenicali…
Da sempre insisto sul fatto che la messa non è uno spettacolo. La messa deve essere in presenza, è un evento concreto. Solo in situazione di emergenza (a meno naturalmente che una persona sia malata o abbia difficoltà di deambulazione) si deve ricorrere alla messa televisiva o in diretta Facebook. Pensi un po’ ad esempio alla Comunione: con tutto il bene che si può dire della Comunione spirituale, quella sacramentale è un’altra cosa!
In questo periodo siete riusciti a riproporre ai fedeli l’animazione liturgica?
Posso dire che sì, siamo riusciti a tenerla in piedi. I cori non hanno praticamente mai potuto riunirsi per le prove vocali e tuttavia quasi tutte le messe festive sono state animate dal canto e dalla musica. E’ stata una scelta precisa, dovuta a una motivazione per me molto forte: dobbiamo incoraggiare la gente a vivere il più possibile in maniera normale. La vita è fatta per essere pure spesa e non soltanto conservata…
Mi pare una frase quasi evangelica se pensiamo alla parabola dei talenti…
Non raramente ho anche ricordato che i cristiani sono riusciti a superare le pandemie del passato più facilmente di altri gruppi sociali. E perché? Non sono fuggiti, si son dati da fare, si sono aiutati a vicenda. Ecco: bisogna incoraggiarsi l’un l’altro perché ognuno faccia quello che può.
A proposito della liturgia: che percezione ha del fenomeno di coloro che si sono per così dire ‘affezionati’ alla messa in televisione e ora, anche per pigrizia indotta, le porte delle chiese non le varcano più?
Probabilmente il fenomeno esiste, ma onestamente non ho i riscontri adeguati per poterne parlare. Ho semmai notizia di qualcuno che per lungo tempo non è più uscito di casa… e magari ancora oggi è volontariamente recluso per la paura di incontrare gli altri. Secondo me è una vera follia traumatica. Ci sono alcuni poi che sono tornati a messa in presenza dopo un lungo periodo… vengono uno alla volta, goccia a goccia e sono naturalmente benvenuti!
Di paura ce n’è ancora in giro, anche se le chiese non sono sanitariamente pericolose…
Per quello che è a mia conoscenza la parrocchia non è mai stata sede di focolaio virale. Si deve anche evidenziare che i nostri fedeli sono molto disciplinati, partecipano alla messa distanziati e con la mascherina indossata a norma…
Don Manlio, un calo sensibile del numero dei fedeli domenicali c’è stato anche a sant’Ippolito come si registra in tutt’Italia?
Secondo le norme vigenti, Sant’Ippolito ha una capienza di 200 persone sedute. Certamente meno delle 650 precedenti (più altre 500 in piedi). Però, considerati inuovi parametri, se è vero che la flessione numerica c’è, si accompagna comunque a un dato che può risultare sorprendente: le entrate settimanali delle questue non fanno registrare differenze sensibili rispetto al passato pre-pandemia…
Ciò significa che in media ogni fedele presente apre di più il portamonete?
Posso ipotizzare che i fedeli mancanti siano quelli che offrivano poco o niente. Le persone che continuano a frequentare sono probabilmente quelle che sentono di più la parrocchia come loro seconda casa… il loro numero è minore rispetto a prima e però sono più compatti e più generosi perché hanno a cuore la vita della comunità.
Veniamo alle Comunioni…
Per quanto riguarda le Comunioni, il numero è in calo… prima forse facevano la Comunione quasi tutti i presenti, anche i ‘tiepidi’ che oggi mancano.
E per quanto riguarda la Confessione?
Penso sia la realtà che ha sofferto di più. Anzitutto perché non possiamo utilizzare i confessionali per la loro pericolosità sotto l’aspetto del contagio. Abbiamo cercato di ovviare, ritagliandoci degli angoli che però hanno uno svantaggio: non permettono l’isolamento acustico. Insomma se, prima della pandemia, di domenica operavano tre-quattro sacerdoti confessori, oggi due bastano e avanzano. Comprendo che la realtà della Confessione esige un contatto stretto: nella gente però persiste un certo timore.
Sempre sul tema: spesso, prima del congedo, ci sono ministri dell’Eucarestia che escono portando la Comunione a chi è impossibilitato a riceverla in chiesa. Mi sembra che siano meno numerosi di una volta…
Si è registrata qui una forte diminuzione di coloro che chiedono la Comunione a casa. Forse riusciamo a tenere in piedi la metà dei contatti di prima, perché molti impossibilitati o i loro familiari non aprono facilmente le porte di casa. E’ poi sospesa da due anni la benedizione delle case, per cui non riusciamo neanche a sapere il nome di avrebbe il desiderio di comunicarsi. Ultimamente si nota un timido riaprirsi delle porte. Nel contempo, al contrario, c’è qualche ministro dell’Eucarestia in cui è cresciuto il timore di portare la Comunione nelle case…
Passiamo alla carità: da due anni l’intero Avvento è occasione di generosità per i parrocchiani…
Prima la raccolta degli alimentari coincideva con il giorno del grande concerto natalizio dei bambini. Sospeso il concerto per le note ragioni, si è deciso di ‘spalmare’ la raccolta su tutto l’Avvento. Non più un momento di carità, ma un’intera stagione. E devo dire che i parrocchiani hanno risposto bene anche nell’Avvento scorso, dimostrando una sensibilità grande e costante.
Altre azioni specifiche di carità?
Durante la Quaresima 2021 abbiamo sviluppato un’iniziativa particolare, su spinta in primo luogo del nostro gruppo missionario: l’adattamento di un angolo di parrocchia a luogo di accoglienza. Per la ristrutturazione avevamo bisogno di 25mila euro. Abbiamo superato abbondantemente l’obiettivo. Il luogo è stato ristrutturato e da settembre 2021, d’accordo con la Caritas di Roma, abbiamo potuto accogliere una ragazza madre dell’Ecuador. L’eccedenza raccolta l’abbiamo ritenuta vincolata ad azioni di carità, che stiamo sviluppando a beneficio di due persone fragili.
Capitolo bambini: anche quest’anno sono arrivati i Re Magi al termine della messa delle 10.30 dell’Epifania…
La tradizione regge. Sia chiaro: nonostante l’Epifania nella tradizione romana sia una festa molto legata ai bambini, non erano in molti a venire a messa quel giorno. Perciò l’iniziativa dei Re Magi è finalizzata a favorire la partecipazione dei bambini. Ce n’erano, però bisogna insistere… c’è spazio per una partecipazione ancora maggiore… Negli anni pre-pandemia organizzavamo la tombola per i bambini e anche quella per le persone sole per Capodanno: impossibile farlo oggi! Erano tutte iniziative che miravano a favorire l’avvicinarsi alla parrocchia di chi non la frequentava… e queste persone sono state le più sacrificate.
Qual è la situazione per le Prime Comunioni?
Per quanto riguarda il 2020, il centinaio di bambini è stato suddiviso in due gruppi: il primo ha fatto la Prima Comunione a novembre 2020, il secondo a maggio 2021. L’anno scorso abbiamo invece deciso di non accettare nuove iscrizioni, sperando che l’emergenza cessasse presto. In quest’anno pastorale invece le abbiamo riaperte e le iscrizioni sono un’ottantina. A questi bambini offriamo ogni due settimane la possibilità di assistere alla loro messa nel salone: rispondono bene se sono da soli. Meno bene invece quando sono inglobati nella messa parrocchiale…
Non è una questione solo di luoghi…
In prospettiva è un problema non da poco, perché uno degli obiettivi fondamentali della catechesi della Prima Comunione è che i bambini partecipino poi normalmente alla messa…
Un altro punto delicato riguarda le Cresime…
Cerchiamo di programmarle a non grande distanza dalla Prima Comunione, altrimenti l’esperienza odierna dice che molti si perdono. L’anno scorso di Cresime ne abbiamo fatte una quarantina. Inoltre ci sono le Cresime per gli adulti a partire dai vent’anni: attualmente il gruppo è di una ventina di giovani… non pochi per i tempi nostri!
Don Manlio, avremmo ancora tanto da chiedere, ma non possiamo approfittare troppo della disponibilità dei nostri lettori. Che cosa ci vuol dire alla fine di questa intervista?
Si è osservato e si osserva che questi due ultimi anni hanno prodotto danni irrimediabili ai nostri bambini, ragazzi, giovani cui è stata negata la pienezza di una crescita, di una maturazione armonica, di un percorso scolastico regolare. Anche per le parrocchie i danni sono consistenti, le ferite profonde. Speriamo non irrimediabili.
FRANCESCO CORONEO: NONOSTANTE TUTTO QUALCHE SEGNALE POSITIVO NON MANCA
Dopo mons. Asta ascoltiamo ora quello che ha da dirci sull’attività dei gruppi parrocchiali adulti l’ingegner Francesco Coroneo, che fin da piccolo ha frequentato Sant’Ippolito, qui si è sposato nel 2001 e ha quattro figli. Coroneo è membro del Consiglio pastorale e di diversi gruppi attivi nell’ambito della catechesi della famiglia e della preparazione al matrimonio.
… E’ stata dura in questi ultimi due anni… solo da pochi mesi abbiamo potuto riprendere gli incontri in presenza dopo la sospensione prolungata dell’attività…
Che cosa state approfondendo in questi incontri?
Ci incontriamo mensilmente per riflettere sulle catechesi in preparazione alla Giornata mondiale delle famiglie, rinviata l’anno scorso, che vedrà dal 22 al 26 giugno Roma come sede principale e tante sedi minori nelle diocesi di tutto il mondo.
Torniamo al 2020: da marzo un periodo di grandi restrizioni, con sospensione perfino delle messe…
Ci siamo tenuti in contatto grazie alla piattaforma, con strumenti telematici. Devo dire che tutto ciò è stato anche occasione per le preghiere in comune: era bello e commovente ascoltare i componenti delle altre famiglie che, magari con qualche piccola sfasatura di tempi, pregavano con noi.
Poi, quando si è potuto tornare a celebrare la messa…
E’ stato un grande momento e si deve evidenziare che il parroco don Manlio ci è venuto molto incontro accrescendo il numero delle messe domenicali in risposta alle esigenze dei fedeli…
Esigenza dei fedeli… ma di quanti?
Molti, ma certamente non sono tornati tutti… diversi hanno rinunciato per paura …una parte non irrilevante dei frequentatori domenicali. Adesso la situazione è un po’ migliorata, ma indubbiamente prima della pandemia i numeri erano diversi…
Quali i segni di un sia pur parziale ritorno?
A dire il vero già per il triduo pasquale dell’anno scorso sono stato colpito positivamente da un’affluenza per me inattesa. In effetti don Manlio aveva attrezzato di megafoni e di sedie il cortile parrocchiale … e, con mia meraviglia, in quei giorni le sedie erano ben occupate… non pochi fedeli seguivano i riti dall’esterno, anche sotto il sole. Per me quanto successo è stato un segnale importante di come i fedeli volessero tornare a vivere appieno il momento comunitario. Lo stesso ho constatato anche durante il recente periodo natalizio… c’è un certo risvegliarsi del senso del sacro e una grande voglia di normalità.
A parte il bel ricordo della preghiera comunitaria online, che cosa si sente di dire a proposito degli incontri tramite piattaforma?
Il virtuale può essere necessario, ma non dà quella pienezza esistenziale offerta dalla compresenza fisica. Senta: don Manlio si era attrezzato tecnicamente per la catechesi rivolta alle coppie che si preparano al matrimonio. Però l’esperienza non è stata positiva: se si è davanti a uno schermo a casa propria, la distrazione è dietro l’angolo, molteplice e imprevedibile. Noi tutti poi hanno la capacità di rivolgersi online agli ascoltatori. Insomma… la cosa è finita lì per quanto ci riguardava.
Prescindendo dalla preparazione all’Incontro mondiale delle famiglie, state percorrendo anche altri cammini?
Sì, attraverso iniziative diverse la parrocchia sta approfondendo il percorso che ci porterà al Sinodo diocesano. Ci stiamo ponendo tante domande e confidiamo che le nostre riflessioni ci aiutino a vivere meglio la nostra identità cattolica. E spingano tanti fratelli al ritorno alla vita comunitaria di parrocchia. Ho fiducia che questo accada.
MICOL FONTANA: L’OBBLIGO DI ESSERE CREATIVI – RITROVARE LA CENTRALITA’ DELLA PARROCCHIA
Mons. Asta, Francesco Coroneo e ora la parola a Micol Fontana, nel 2020 migliore maturità del Liceo classico Giulio Cesare di Roma e studentessa in Medicina. Cresciuta in parrocchia e figlia di genitori molto impegnati in tale contesto, ha un fratello e una sorella: oggi è catechista, direttrice e coordinatrice dei cori (e dunque anche di padre e madre, che suonano la chitarra) e sempre presente laddove ci sia da inventare o collaborare.
… Prima della pandemia, la nostra parrocchia è tradizionalmente stata un importante punto di ritrovo per noi ragazzi e per la gente del quartiere. Sicuramente la pandemia ha molto influito sui comportamenti individuali. Ho percepito tanta paura nei giovani, me compresa, perché non si sapeva come proteggersi efficacemente da un virus sconosciuto e molto mutante. Certamente le nostre certezze sono state intaccate: sappiamo ormai di non essere invincibili e siamo coscienti che la natura è ancora più forte di ognuno di noi.
Come sono stati i mesi della clausura forzata nel 2020?
Abbiamo dovuto interrompere il catechismo, le prove dei cori. E la parziale ripresa nel settembre 2020 si è rivelata piena di difficoltà psicologiche: giovani, adulti, anziani erano in preda a forti timori. Ci siamo dovuti rimboccare le maniche, ripensare modi e contenuti delle nostre attività che consistevano anche in campi, ritiri, uscite con i ragazzi, con i bambini…
Anche in quel periodo siete comunque restati in contatto tra voi…
Questo sì, anche se grazie a quel contatto virtuale che è pur sempre meno concreto di quello in presenza. Utilizzando i dispositivi tecnologici a nostra disposizione abbiamo potuto conservare larga parte dei contatti. Con gli amici ci vedevamo tutte le sere in video-chiamata, con i bambini del catechismo ci sentivamo ogni settimana proponendo loro schede e giochi così da mantenere un minimo di continuità didattica ecclesiale. Non potendo venire in parrocchia, seguivamo la messa in diretta Facebook. Abbiamo fatto appello alla nostra creatività e siamo riusciti ad arrangiarci…
Puoi dire qualcosa di diverso per il 2021?
Pur se la parrocchia non ha ancora ritrovato, anche per noi ragazzi, per noi giovani quel ruolo di centralità che aveva prima della pandemia, qualche sviluppo incoraggiante c’è stato. Grazie all’arrivo dei vaccini che creano anticorpi, a nuove consapevolezze anche scientifiche, abbiamo incominciato a prefigurare una sorta di convivenza con la nuova realtà: ci sentiamo un po’ più sicuri nello svolgere le nostre attività, condotte in modi parzialmente nuovi e tali da restituirci una parvenza di normalità. Abbiamo ricominciato con le uscite, con i ritiri… ho potuto constatare un primo ritorno di alcuni giovani…Non solo: si sono affacciati diversi giovani nuovi, che ora collaborano attivamente alle nostre attività. Insomma… pian piano stiamo riassumendo quel ruolo di centralità della parrocchia di cui dicevo…
E’ venuto poi il tempo per la messa riservata ai bambini nel salone parrocchiale, di cui ha parlato don Manlio. E, come nel recente periodo natalizio, per i bambini è stato inventato il Presepe vivente…
Sì, nelle ultime feste di Natale siamo riusciti ad allestire alcune attività nuove, considerata l’impossibilità della tradizionale tombola e del concerto dei bambini che ho organizzato già da sedicenne… sono momenti di intensa socialità purtroppo al momento ancora irrealizzabili. Tuttavia i bambini hanno aderito con entusiasmo anche alle novità come il Presepe vivente, con vari momenti artistici dall’Annunciazione in poi. I bambini sono venuti, i genitori si sono fidati e la partecipazione è stata molto sentita e anche sorprendente nei numeri
La coda dei visitatori incominciava già ben prima dell’ingresso…
E’ stato un modo nuovo per cercare di riavvicinare alla parrocchia quelli che si erano allontanati. Devo evidenziare che sono tanti i giovani che si sono offerti per le scenografie, per l’addestramento dei bambini-figuranti, per accompagnare i visitatori. E poi anche quest’anno sono arrivati i Re Magi, con un bel successo e tante domande da parte dei bambini felicissimi e curiosi…
Certe domande hanno suscitato vasta ilarità come quella sul dove i Tre Re avevano lasciato i cammelli… Concludiamo con un paio di considerazioni sull’importanza della musica nella liturgia…
La musica è uno strumento per coinvolgere l’assemblea, un modo per avvicinarti a Dio. Come diceva sant’Agostino “Chi canta, prega due volte”. Ed è una preghiera che tutti possono fare, lasciandosi trasportare… la musica rende tutto più sublime.
Ma la gente a Sant’Ippolito canta anche con la mascherina?
Noi come coro ce la mettiamo tutta per cantare, anche se dobbiamo portare le mascherine Ffp2 che tolgono un po’ il fiato. Tra i fedeli, alla messa, c’è poi chi continua a cantare come prima e chi, invece, inibito dalla mascherina, si limita ad ascoltare. Però si deve essere consapevoli che la musica non è un accessorio, non è un soprammobile, è parte integrante della messa, offre un aiuto potente per viverla nel miglior modo possibile.
Giunta a buon fine l’intervista a Micol Fontana, concludiamo questa carrellata (diversificata, ma certo non esaustiva) su alcuni aspetti delle attività parrocchiali a Sant’Ippolito martire in tempi assai ardui per tutti. Ci pare giusto anche ricordare i sacerdoti e diaconi permanenti che accompagnano il parroco don Mario Asta nel suo servizio: don Davide Maria Tisato (vicario, catechesi Prime Comunioni, Cresime, liceali), don Giuseppe Cippitelli (gruppi giovani lavoratori e universitari, corsi di preparazione al matrimonio), don Vincenzo di Tomaso (gruppi scout), don Alberto Papotti (messa domenicale delle 10.30, ministri dell’Eucarestia), padre Josip Percan (messa domenicale alla stazione Tiburtina), mons. Giuseppe Mani (emerito di Cagliari, confessioni domenicali), padre Ibrahim Shomali (già cancelliere del Patriarcato latino di Gerusalemme, messa domenicale delle 8), i diaconi permanenti Pino Massaria e Pietro Blasi. E ancora Giuliano, il tuttofare preziosissimo, colonna della quotidianità ippolotta.