DROGA COSIDDETTA “LEGGERA”, PAPA FRANCESCO E PEPE MUJICA - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 25 giugno 2014
Questa mattina, in occasione di un incontro a Roma con diversi diplomatici latino-americani e alcuni giornalisti, Alberto Breccia – ambasciatore dell’Uruguay presso il Quirinale- ha illustrato la ‘liberalizzazione’ delle droghe cosiddette leggere voluta dal presidente Pepe Mujica. Papa Francesco la pensa molto diversamente. E anche l’ambasciatore del Venezuela ha esposto le sue ragionevoli perplessità in materia…
Questa mattina, nell’ambito del ciclo mensile di incontri promosso a Roma su argomenti riguardanti l’America latina, Alberto Breccia - ambasciatore uruguayano presso il Quirinale - ha parlato della nuova legge che legalizza (regolamentandola) la coltivazione e la vendita della marijuana nel Paese guidato oggi dall’ex-tupamaro Pepe Mujica. Il consumo era già legale da tempo. Presenti diversi colleghi diplomatici (tra gli altri di Venezuela, Perù, Repubblica Dominicana), il rappresentante del governo di Montevideo ha esposto i motivi della decisione presa l’anno scorso dalla Camera (31 luglio-1 agosto: 50 sì contro 46 no e tre assenti) e dal Senato (10 dicembre: 16 sì e 13 no), contro la volontà della maggioranza della popolazione. Non è chi non veda un forte contrasto anche con il convincimento, espresso più volte e con forza pure nei giorni scorsi da papa Francesco, secondo cui “la droga è un male, e con un male non ci possono essere cedimenti o compromessi”. Da parte uruguayana ci si fa notare che quanto detto dal Santo Padre sulla droga “non è un dogma”: vero…tuttavia è lecito osservare che tali parole vengono da un sudamericano che si è voluto immergere, per capirla e meglio aiutarla a crescere, nella realtà delle periferie di Buenos Aires infestate da droga, miseria e violenza. Perciò tali parole sono frutto di buon senso, derivato da un’esperienza profonda di vita.
LE DICHIARAZIONI DI PAPA FRANCESCO, NEL SOLCO DEI PREDECESSORI
Già nel corso del viaggio apostolico in Brasile, la sera del 24 luglio 2013 presso l’ospedale Sao Francisco de Assis nella zona nord di Rio de Janeiro, il Pontefice argentino – pur senza citare esplicitamente l’Uruguay – aveva detto tra l’altro: “Non è con la liberalizzazione dell’uso delle droghe, come si sta discutendo in varie parti dell’America latina, che si potrà ridurre la diffusione e l’influenza della dipendenza chimica”. In precedenza, il primo giugno, papa Francesco aveva ricevuto con grande cordialità in Vaticano il presidente uruguayano Pepe Mujica: durante il colloquio di 44 minuti, è legittimo pensare che abbia toccato anche il tema della ‘liberalizzazione’ delle cosiddette droghe leggere, voluta fortemente dal suo interlocutore. Si è poi constatato come Mujica non si sia dimostrato per niente sensibile alle buone ragioni scientifiche ed educative del Papa, ma abbia proseguito sulla strada scelta: il risultato è che l’Uruguay oggi è il primo Paese al mondo a produrre e vendere marijuana. Una sostanza tossica che oggi in Uruguay gode di un regime fiscale.agevolato e più favorevole rispetto a quello relativo al pane.
Il Pontefice argentino era tornato a parlare di droga al termine dell’udienza generale del 7 maggio 2014, salutando i ragazzi della benemerita Comunità di San Patrignano e i loro familiari, presenti in piazza San Pietro: “(a loro) mi unisco nel dire no a ogni tipo di droga. E questo, forse farà bene che lo dicano tutti, semplicemente: no a ogni tipo di droga!”
Ma è il 20 giugno 2014 che papa Francesco ha sviluppato un discorso più ampio, sulla falsariga anche di quanto detto dai suoi predecessori, da Paolo VI a Giovanni Paolo II a Benedetto XVI (ricordate di quest’ultimo l’osservazione cruda dell’11 ottobre 2010: “La droga, questo potere che, come una bestia vorace, stende le mani su tutte le parti della terra e distrugge. E’ una divinità, ma una divinità falsa, che de e cadere”?). Queste le parole iniziali di Jorge Mario Bergoglio durante l’udienza ai partecipanti alla Conferenza internazionale anti-droga: “Il flagello della droga continua ad imperversare in forme dimensioni impressionanti, alimentato da un mercato turpe, che scavalca confini nazionali e continentali. (…) Di fronte a tale fenomeno sento il bisogno di manifestare il mio dolore e la mia preoccupazione”. Il Papa ha proseguito così, con parole inequivocabili: “Vorrei dire con molta chiarezza: la droga non si vince con la droga! La droga è un male, e con il male non possono esserci cedimenti o compromessi (NdR: parole già usate da Giovanni Paolo II nel 1984). Pensare di poter ridurre il danno consentendo l’uso di psicofarmaci a quelle persone che continuano ad usare droghe, non risolve affatto il problema. Le legalizzazioni delle cosiddette ’droghe leggere’, anche parziali, oltre ad essere quanto meno discutibili sul piano legislativo, non producono gli effetti che si erano prefisse. Le droghe sostitutive, poi, non sono una terapia sufficiente, ma un modo velato di arrendersi al fenomeno”. Perciò, ha concluso papa Francesco, “intendo ribadire quanto già detto in altra occasione: no ad ogni tipo di droga. Semplicemente. No ad ogni tipo di droga. Ma, per dire questo no, bisogna dire sì alla vita, sì all’amore, sì agli altri, sì all’educazione, sì allo sport, sì al lavoro, sì a più opportunità di lavoro (…) Le opportunità di lavoro, l’educazione, lo sport, la vita sana: questa è la strada della prevenzione della droga”.
URUGUAY E MARIJUANA: LE PERPLESSITA’ DELL’AMBASCIATORE DEL VENEZUELA
Dicevamo dell’ambasciatore Breccia e delle sue spiegazioni. La legge è in vigore da poche settimane. I residenti nel Paese sudamericano stretto tra Argentina e Brasile potranno, se iscritti a un registro nazionale apposito, acquistare 40 grammi al mese di marijuana, coltivare un massimo di sei piantine di loro proprietà, far parte di “club” con un massimo di 45 membri cui a loro volta è consentita la coltivazione di un centinaio di piantine. Da novembre la marijuana si potrà ottenere anche in farnacia. Su oltre milioni di abitanti sarebbero – secondo alcune stime – circa 120mila i consumatori di marijuana. Per il presidente Mujica la nuova legge è “un tentativo di porre fine al commercio illegale di droga, facendo emergere il mercato, portandolo alla luce del giorno”. Con tale decisione l’Uruguay, come ha evidenziato Raimond Yans, che presiede l’Organismo internazionale che sovrintende alle politiche della droga (INCB), ha violato la Convenzione internazionale del 1961: “Anche l’Uruguay dovrebbe rispettare i trattati internazionali – ha detto – la tendenza dell’Uruguay è tipica dei pirati ed è pericolosa”.
L’ambasciatore Breccia ha difeso, a tratti appassionatamente, la decisione del suo governo. “Non pretendiamo di essere un esempio per nessuno – ha rilevato – Stiamo solo percorrendo il cammino che riteniamo più adeguato per contrastare il narcotraffico e la violenza”. Successivamente, più volte ha voluto mettere in chiaro che la decisione potrà anche essere revocata. Rispondendo a una nostra domanda su come genitori e insegnanti potranno ancora convincere figli e allievi a non drogarsi (dato che sarà legale coltivare in casa, in un club o acquistare in farmacia la marijuana per ragioni ‘ricreative’), il diplomatico ha risposto che il governo vuole promuovere nel contempo anche campagne educative antidroga in tutto il Paese. La risposta non ha convinto diversi astanti, dato l’emergere allora sull’argomento di una situazione di schizofrenia pura.
L’ambasciatore del Venezuela presso il Quirinale, Julian Rodriguez Diaz, ha osservato – pur considerando con grande rispetto il presidente Mujica e la decisione presa – che la marijuana danneggia la salute e funge generalmente da “porta d’entrata” per altre droga come cocaina ed eroina; se legalizzata, viene resa attrattiva (anche solo per curiosità) anche per chi non l’avrebbe mai fumata precedentemente, crea gravi problemi nelle carceri e nell’esercito, può distogliere l’economia dall’investire nei tradizionali settori agro-alimentari per privilegiare campi di marijuana. Rodriguez Diaz ha anche voluto differenziare l’uso di droga dall’abuso di alcool e tabacco.
FAVOREVOLE IL NUOVO ARCIVESCOVO DI MONTEVIDEO
Tornando al rappresentante dell’Uruguay, rispondendo a un’altra nostra domanda sull’atteggiamento del governo uruguayano contrastante con la maggioranza popolare, si è detto “orgoglioso” che nella storia i governanti del Paese sudamericano abbiano spesso “preceduto il popolo, non restandone a rimorchio”: ciò è accaduto ad esempio anche per quanto riguarda le questioni dell’aborto e dei cosiddetti “matrimoni gay”, condivisi da una minoranza della popolazione. Insomma, osserviamo noi, il governo uruguayano somiglia molto a quelle “avanguardie illuminate” che di disastri ne hanno già combinati molti nella storia del mondo. Rispondendo a un’altra domanda sull’atteggiamento della Chiesa uruguyana riguardo alla nuova legge, Breccia ha rilevato che il nuovo arcivescovo di Montevideo, il salesiano Daniel Fernando Sturla Berhouet, nominato l’11 febbraio di quest’anno da papa Francesco (ha preso possesso della sede il 9 marzo), si è personalmente dichiarato favorevole alle norme governative in materia di droga. In effetti ha detto Sturla Berhouet in interviste a diversi mass-media tra cui “El Pais” di Montevideo che “la legge che è stata approvata ha difetti, ma capisco che dobbiamo cercare dei modi per salvare i giovani dalla droga”. Come tale dichiarazione si possa conciliare con quelle di papa Francesco in materia è una quadratura di cerchio che lasciamo tentare a chi ci legge.
L'incontro, come di consueto, è stato moderato da Roberto Montoya (www.mediatrendsamerica.com) e promosso in collaborazione con Fondacion Promocion Social de la Cultura e con l'Agencia Prestimedia.