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    SVIZZERA/SANTA SEDE: PAROLIN, CASSIS - PAPA/UNGHERIA (PREMESSA 25 APRILE)

    SVIZZERA/SANTA SEDE: PAROLIN, CASSIS – PAPA/UNGHERIA (PREMESSA 25 APRILE)- di GIUSEPPE RUSCONI- www.rossoporpora.org – 25 aprile 2023

     

    Pienamente perfezionati i rapporti diplomatici elveto-vaticani: il 19 aprile inaugurata dal consigliere federale Ignazio Cassis e dal cardinale Pietro Parolin la sede della nuova ambasciata svizzera presso la Santa Sede. I colloqui in Vaticano e anche con Sant’Egidio. Una splendida e inedita serata svizzera presso la Guardia. Il Papa in Ungheria: una speranza di pace per la guerra in Ucraina?

    PREMESSA: 25 APRILE

    In apertura un buon 25 aprile a tutti, nel segno della gratitudine verso chi sacrificò la propria vita per la liberazione dell’Italia dal regime nazi-fascista (in primo luogo gli Alleati, cui prestarono aiuto importante nel Centro-Nord le formazioni partigiane). La memoria di quanto accadde deve far riflettere anche sugli orrori della guerra. Oltre ai crimini nazi-fascisti ce ne furono anche da parte alleata (vedi le ripugnanti ‘marocchinate’ in Ciociaria o certi ingiustificabili bombardamenti a tappeto sulle città del Centro-Nord ) e partigiana comunista, con le atroci vendette consumate in tempi successivi alla Liberazione (vedi ‘triangolo della morte’ in Emilia o massacro di Schio): a dimostrare come la dinamica della guerra comporti conseguenze disumane per vinti e vincitori. In tal senso non si può non pensare alle guerre ancora in corso e in primo luogo a quella insensata in Ucraina, foraggiata con le continue forniture di armi. Tali forniture negano i valori evangelici alla radice e alimentano irresponsabilmente e intollerabilmente un conflitto irrazionale tra USA/NATO e Russia che si sviluppa in una martoriata terra di confine.

     

    SVIZZERA-VATICANO: RAPPORTI DIPLOMATICI ORMAI PERFEZIONATI: TANTA ACQUA SOTTO I PONTI DAL 2013…

    Correva l’Anno del Signore 2012, quando a Berna il gruppo parlamentare liberale-radicale (centrodestra, nel Ticino forte anche l’ala di centrosinistra) inoltrò un postulato invitando il Consiglio federale (esecutivo nazionale svizzero, di 7 membri) a perfezionare definitivamente le relazioni bilaterali elveto-vaticane con la creazione di una vera e propria rappresentanza diplomatica permanente a Roma (dal 2004 assicurata da parte confederale da un ambasciatore non residente). Della questione assai complessa si è più volte riferito nel nostro sito (per una ricostruzione storica vedi ad esempio https://www.rossoporpora.org/rubriche/svizzera/1001-svizzera-libri-nascita-canton-ticino-rapporti-elveto-vaticani.html ).

    Prima firmataria del postulato del 2012 la consigliera nazionale Doris Fiala. Tra gli 87 cofirmatari (trasversali) l’allora consigliere nazionale Ignazio Cassis. Negativa allora la risposta del Consiglio federale, illustrata il 18 settembre 2013 in Consiglio nazionale dal ministro degli esteri Didier Burkhalter.

    Due i motivi del rifiuto. Il primo: a parere del Consiglio federale le relazioni elveto-vaticane erano già “buone” (riferendosi a un incontro con il Pontefice, Burkhalter aveva rilevato “la semplicità, la bonomia, il senso dei valori umani” di Francesco). Il secondo: per il Governo, in tempi di risorse economiche limitate (con la fissazione di obiettivi di risparmio condivisi anche dalle Camere), le priorità erano altre, come ad esempio quella di potenziare la presenza diplomatica svizzera in regioni emergenti in Asia o nei Paesi del Golfo. Dopo la risposta di Burkhalter, il voto: 22 sì al postulato, 152 no, 13 astensioni. Tra queste ultime quella di Cassis.

    Eletto Cassis in Consiglio federale al posto di Burkhalter (2017), la questione si è riproposta discretamente a partire dal 2019. Nel novembre 2020 (in vista del centenario del ristabilimento, pur unilaterale vaticano, dei rapporti diplomatici), in un’intervista a Kath.net, Cassis segnalò la possibilità che, “su richiesta della Santa Sede”, si giungesse alla nomina di un ambasciatore svizzero residente a Roma. E aggiunse: “La nostra Costituzione inizia con le parole: ‘Nel nome di Dio, l’Onnipotente!’. Abbiamo valori cristiani ma siamo anche una nazione secolarizzata. Ecco perché abbiamo molte cose in comune con la Santa Sede. Ma ci sono anche differenze. Il Vaticano ha una posizione conservatrice per quanto riguarda l’immagine della famiglia. La Svizzera la vede in modo diverso”.

    C’è stata poi un’accelerazione. Tanto che, quando il Segretario di Stato vaticano cardinale Pietro Parolin andò in Svizzera (novembre 2021, con un anno di ritardo causa pandemia) per festeggiare in presenza il centenario, il Consiglio federale aveva già deciso di istituire una sede diplomatica residente a Roma (decisione del primo ottobre 2021), nominando per tale incarico l’ambasciatore fino ad allora non residente Denis Knobel. Il 6 maggio 2022 lo stesso ambasciatore e l’odierno segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, arcivescovo Paul Richard Gallagher hanno tagliato simbolicamente il nastro nei locali di via Crescenzio 97, dando così avvio ai lavori di ristrutturazione dell’appartamento. E il 19 aprile 2023 la nuova ambasciata è stata ufficialmente inaugurata in pompa magna, protagonisti Ignazio Cassis e Pietro Parolin.

    A ben vedere, gli sviluppi positivi registrati nella questione dal 2013 (quando il Governo, come detto più sopra, aveva assunto una posizione negativa rispetto al postulato Fiala) vanno indubbiamente attribuiti – stavolta bisogna riconoscerglielo - all’attivismo diplomatico di Ignazio Cassis, oltre che alla simpatia di Pietro Parolin per la “nobile” nazione svizzera. Già di un altro consigliere federale ticinese, il ministro degli esteri, Giuseppe Motta, va evidenziato il merito (condiviso con il Segretario di Stato cardinale Pietro Gasparri e l’incaricato d’affari a Berna, l’allora mons. Francesco Marchetti-Selvaggiani) di aver convinto il Governo a ristabilire nel 1920 le relazioni diplomatiche (pur imperfette) con la Santa Sede. Mentre un terzo consigliere federale ticinese, Flavio Cotti, ha avuto certo un ruolo importante nel 1991 (era ministro dell’Interno, dal 1993 ministro degli Esteri) nel perorare in sede di Governo la nomina nella persona di Jenö Staehelin del primo ambasciatore svizzero in missione speciale (non residente) presso il Vaticano.  

     

    MERCOLEDI’ 19 APRILE 2023: L’INAUGURAZIONE CON BENEDIZIONE DELLA NUOVA AMBASCIATA

    Una trentina gli invitati, che hanno fatto da corona all’evento svoltosi nel tardo pomeriggio di mercoledì 19 aprile. Protagonisti il consigliere federale Ignazio Cassis, il cardinale Pietro Parolin, l’ambasciatore Denis Knobel (che si è saputo essere in partenza ad agosto, dopo aver espletato brillantemente il compito assegnatogli). In sala anche il cardinale lucernese Kurt Koch e il comandante della Guardia Svizzera Pontificia Christoph Graf. Il quale ha voluto regalare all’ambasciata un’armatura del Cinque-Seicento conservata nel magazzino della Guardia. L’armatura ha una particolarità: un crocifisso inciso, il che è perlomeno insolito. Cassis e Parolin hanno tolto il telo che la copriva. Battute in sala: “E’ stata messa qui per spaventare i malintenzionati”, “Ci serve per quando si andrà dai cattolici tedeschi”.

    Dall’intervento del cardinale Pietro Parolin: “L’idea di una Ambasciata svizzera permanente presso la Santa Sede a Roma è nata nel contesto dei nostri incontri bilaterali in occasione del centesimo anniversario del ristabilimento delle relazioni diplomatiche tra la Svizzera e la Santa Sede, anniversario che ricorreva l’8 novembre 2020 e che abbiamo debitamente commemorato l’anno seguente – a causa della pandemia – nella visita che ho potuto svolgere nella vostra nobile Patria, in risposta all’invito che mi era stato rivolto (Ndr: il cardinale ha ad esempio molto apprezzato il pellegrinaggio con i vescovi svizzeri a Flüeli/Ranft/Sachseln, i luoghi di san Nicolao della Flüe, patrono della Confederazione). Grazie soprattutto alla Sua tenacia, Eccellenza (NdR: Ignazio Cassis), questa bella idea è diventata oggi realtà: il vostro Governo ha nominato (…) il primo ambasciatore residente presso la Santa Sede, nella persona di S.E. Denis Knobel, che saluto e ringrazio per la feconda collaborazione che ha segnato questi anni del suo servizio, sia come Ambasciatore non residente, sia in questi ultimi tempi a Roma”.

    Un elogio particolare il cardinale Segretario di Stato ha voluto rivolgere anche alle Guardie Svizzere, “che si rallegrano di avere nelle loro vicinanze la sede dell’Ambasciata svizzera presso la Santa Sede. Loro sono ben visibili in tutto il mondo e rappresentano degnamente i valori svizzeri: il coraggio, la fedeltà, la determinazione, il grande spirito di squadra, la precisione e, insieme ad altre virtù, anche la puntualità! Proprio come la Svizzera”.

    Due i passaggi dell’intervento di Ignazio Cassis che ci sembra interessante evidenziare. Il primo, incentrato su ciò che lega Svizzera e Vaticano:Condividiamo l’italiano, lingua ufficiale in Svizzera e nella Città del Vaticano. Condividiamo la cultura e i valori cristiani, fondamento del continente europeo. Condividiamo la religione cristiana. Il preambolo della Costituzione svizzera recita: ‘In nome di Dio Onnipotente, il Popolo svizzero e i Cantoni, consci della loro responsabilità di fronte al creato’. (…) Da oltre mezzo millennio le guardie svizzere pontificie sono al servizio del Papa e del Vaticano. (…) Condividiamo priorità fondamentali in politica estera: entrambi piccoli Stati, entrambi neutrali, entrambi con una vocazione di universalità, entrambi impegnati nella ricerca costante della pace e nell’aiuto ai più deboli”.

    Secondo passaggio, che riguarda gli obiettivi di politica estera comuni con la Santa Sede: “La nuova rappresentanza (…) ci permetterà di perseguire obiettivi fondamentali comuni. Nella sua strategia di politica estera il Consiglio federale mette l’accento sulla sicurezza e sulla pace, sulla democrazia e la libertà, sulla lotta alla povertà e sullo sviluppo sostenibile – sul piano ecologico, economico e sociale. La diplomazia, la neutralità e i nostri buoni uffici sono gli strumenti con cui vogliamo raggiungere questi obiettivi (…) che condividiamo con la Santa Sede (…). Bisogna costruire ponti là dove non c’è dialogo”.

    E’ seguita la benedizione ufficiale della nuova sede guidata dal cardinale Parolin e comprendente anche la recita del ‘Padre nostro da parte dei presenti (molto partecipi e composti). Firmato anche da Parolin e Cassis il documento ufficiale di istituzione dell’ambasciata. Sobrio rinfresco, poi eminenze e eccellenze sono andate a cena, dove sono proseguiti in maniera informale gli scambi di idee tra il Segretario di Stato e il consigliere federale.

     

    GIOVEDI’ 20 APRILE 2023: I COLLOQUI DIPLOMATICI E L’INCONTRO CON SANT’EGIDIO. L’INEDITA SERATA PRESSO LA GUARDIA SVIZZERA TRA INNI NAZIONALI, GASTRONOMIA, TECNOLOGIA.

    Il giovedì 20 aprile è stato caratterizzato dapprima dal colloquio in Vaticano tra il Segretario per i Rapporti con gli Stati arcivescovo Paul Richard Gallagher e il consigliere federale Ignazio Cassis, accompagnato dall’ambasciatore Demis Knobel. Facile immaginare che nell’incontro si sia parlato degli obiettivi comuni di Santa Sede e Confederazione elvetica, già indicati negli interventi per l’inaugurazione della nuova ambasciata.

    IL ‘caso Lugano’

    C’era molta curiosità invece a proposito di un argomento particolare (di cui Rossoporpora.org ha ampiamente riferito il 27 febbraio (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/svizzera/1125-diocesi-lugano-una-petizione-coira-persiste-il-braccio-di-ferro.html ):la possibile, eventuale abrogazione della clausola inserita nella convenzione elveto-vaticana del 1968 che riserva espressamente la nomina a vescovo della diocesi di Lugano a un sacerdote ticinese. La petizione in tal senso, corredata di 2351 firme, è stata consegnata il 4 aprile 2023 a Berna a Ignazio Cassis, presente il nunzio apostolico Martin Krebs.

    Nei colloqui in Vaticano si è parlato dell’argomento, esaminando in particolare le questioni di procedura. Si sa che da parte vaticana non ci sono ostacoli alla modifica richiesta. Del resto, se si pon mente alla storia, quest’ultima suggerisce che già nel 2016 (in occasione della nomina dell’allora Amministratore apostolico di Lugano) la Santa Sede si era trovata in difficoltà per la presenza della clausola della Convenzione che nell’originale suona: “sera choisi parmi les prȇtres ressortissants tessinois”. Da parte vaticana si riteneva che la scelta fosse estesa perlomeno a tutti i sacerdoti svizzeri. Così rispose il consigliere federale Giuseppe Motta, come opportunamente ricordato dallo storico don Carlo Cattaneo: “Io ho sempre pensato che quella disposizione è poco felice. Il Ticino è troppo piccolo per poter essere in grado di fornire sempre sacerdoti qualificati per assurgere alla dignità vescovile. Inoltre io ho sempre riputato che la Santa Sede dovrebbe avere mano pienamente libera nella designazione dei vescovi”.

    Sulla questione le opinioni sono oggi assai divergenti. C’è anche chi si oppone alla modifica, temendo nomine improvvide dall’alto. Ignazio Cassis ha evidenziato che, in ogni caso, prima di elaborare eventualmente modifiche costituzionali, è necessario che si pronunci il Consiglio di Stato (Governo) ticinese, “perché in Svizzera i rapporti tra Chiesa e Stato competono ai Cantoni”. La soluzione non sarà a breve, anche perché “la procedura prevede un accordo di diritto pubblico internazionale che con ogni probabilità dovrebbe essere approvato dalle Camere” (ciò che presuppone un messaggio ad hoc del Consiglio federale).

    L’incontro con la Comunità di Sant’Egidio

    Ignazio Cassis ha incontrato poi alcuni rappresentanti della Comunità di Sant’Egidio. Si è discusso anche dei ‘corridoi umanitari’, per i quali la Comunità fondata da Andrea Riccardi (di lontane origini ticinesi) sarebbe lieta di collaborare pure con la Svizzera. Ad esempio nell’intervista fatta a Marco Impagliazzo (27 febbraio 2019, vedi  https://www.rossoporpora.org/rubriche/interviste-a-personalita/848-marco-impagliazzo-immigrazione-abu-dhabi-dialogo-anziani.html ), il presidente di Sant’Egidio rilevava che “soprattutto le comunità protestanti (svizzere) hanno cercato di proporre i ‘corridoi’, ma – almeno per il momento – la Svizzera segue un altro tipo di politica”. Dalla risposta di Cassis a una nostra domanda abbiamo dedotto che la situazione non è sostanzialmente cambiata: “Noi abbiamo una strategia consolidata di accoglienza definita dalle leggi svizzere. Sant’Egidio con il suo sistema di quote potrebbe entrare nella strategia, ma sempre nel nostro quadro legislativo”.

     

    UNA SERATA ELVETICA NEL CORTILE D’ONORE DELLA GUARDIA SVIZZERA PONTIFICIA

    La giornata si è conclusa con una “suggestiva serata svizzera (per dirla con il cardinale Parolin) svoltasi dentro le Mura vaticane, nel cortile d’onore della Guardia. Un vero ‘unicum’ organizzato dalla stessa Guardia insieme con l’Ambasciata elvetica presso la Santa Sede e con la collaborazione inedita delle molteplici realtà rossocrociate attive a Roma: il Circolo svizzero, la Scuola Svizzera, l’Ouvroir, Presenza svizzera, Svizzera turismo, l’Istituto svizzero e altri.

    Il cortile d’onore, imbandierato come nelle grandi occasioni, era di conseguenza arricchito da diversi banchetti di impronta tecnologica (informatica, robot vari) ma anche gastronomica: per la gioia dei convenuti si sono potuti assaporare la fondue fribourgeoise moitié-moitié (Vacherin e Gruyère), la raclette (anche preparata dalle braccia di un robot-cuoco), Bratwürst sangallesi, cioccolatini Lindt Sprüngli prodotti artigianalmente, pasticcini e biscotti (come i Leckerli basilesi) cucinati dalle signore dell’Ouvroir, vini vallesani. Come ha rilevato Ignazio Cassis, si è cercato di coniugare tradizione e innovazione.

    Nel cortile, oltre all’ambasciatrice di Svizzera presso il Quirinale Monika Schmutz Kirgöz, erano numerosi i diplomatici accreditati presso la Santa Sede (tra gli altri erano rappresentati Ungheria, Austria, Spagna, Cipro, Gran Bretagna, Irlanda, Grecia, Senegal, Sovrano Militare Ordine di Malta). Nel cortile anche l’arcivescovo Gallagher e il nunzio apostolico in Italia, il vallesano Paul Emil Tscherrig.

    Dopo un’introduzione di marce svizzere suonate dalla banda della Guardia (inframmezzate dal suono di un corno delle Api), il saluto ai convenuti è stato porto dal colonnello Christoph Graf che intravvede nella nuova situazione grandi possibilità di collaborazione culturale e di pubbliche relazioni con l’Ambasciata residenziale. Nel saluto del cardinale Parolin anche una battuta a proposito del servizio di protezione della persona del Papa da parte delle Guardie: “… e proteggono anche il cardinale Segretario di Stato!”. Per il consigliere federale Cassis la serata era una riuscita concretizzazione, per la prima volta dopo più di mezzo secolo, della joint venture tra l’Ambasciata e la Guardia (che, tra l’altro, “speriamo possa beneficiare di una nuova caserma”). A proposito della presenza di banchetti ‘tecnologici’ nel cortile, Cassis ha evidenziato come “lo sviluppo tecnologico debba adeguarsi al nostro sviluppo umano, senza che si metta in pericolo la stessa persona umana”.

    Dopo l’esecuzione, sempre emotivamente intensa, degli inni nazionali vaticano e elvetico, l’ambasciatore Knobel ha illustrato i contenuti proposti dai vari banchetti e ha invitato i presenti ad approfittarne. La simpatia che il cardinale Parolin (diplomatico pacato, fine, ragionevole, umile e anche molto umano) nutre per la Svizzera si è evidenziata anche nella durata della sua presenza alla festa: circa tre ore, in cui si è soffermato a ogni banchetto, assaggiando quel che c’era da assaggiare insieme con un raggiante Ignazio Cassis in veste di anfitrione. Dopo l'eztrazione della lotteria (in palio soggiorni turistici) all’uscita ancora un’abbondante offerta di caramelle Ricola.

    Insomma: una chiusura in gloria per una due giorni elveto-vaticana da ricordare!

     

    DAL 28 al 30 APRILE IL VIAGGIO IN UNGHERIA DI PAPA FRANCESCO: INTERROGATIVI VATICANI

    C’è molta curiosità verso il viaggio in Ungheria (anche se il Papa resterà a Budapest… gli ungheresi lo raggiungeranno da ogni parte del Paese), previsto dal 28 al 30 aprile, con al centro i temi della pace, dell’aiuto ai poveri, dell’accoglienza (centinaia di migliaia gli ucraini accolti in Ungheria), della speranza.

    Si sa che al momento le prospettive di pace nella guerra in Ucraina sono quasi nulle. In Vaticano però c’è anche chi nutre una piccola speranza che, dati i rapporti persistenti tra Viktor Orbán e Wladimir Putin, qualcosa si possa muovere in tal senso. Da questa speranza - nutrita dentro le Mura Leonine da esponenti cresciuti sotto il segno della necessità del dialogo (vedi il motto paolino Spes contra spem) - dissentono altri, pure negoziatori esperti ma meno inclini al dialogo a tutti i costi, che invece diffidano di certe affermazioni di Orbán, come quella del discorso sullo ‘stato della Nazione’ del 18 marzo, in cui il primo ministro ungherese ha associto Ungheria e Vaticano nella ricerca della pace (“Che cosa c’è sotto? Quali sono i suoi intendimenti?”). Per parte nostra speriamo che la cronaca dia ragione ai primi e che i secondi siano solo (legittimamente) pessimisti. Per il resto è evidente che sul tema della famiglia e della protezione dei minori la consonanza tra Ungheria e Vaticano è assai forte. Anche riguardo all’emendamento (inserito curiosamente in una risoluzione dell’Europarlamento contro l’Uganda per il trattamento persecutorio contro le persone Lgbt) che condanna Ungheria, Polonia e Italia per propaganda antigender e antilgbtq+, in Vaticano si rimanda alle “forti pressioni” esercitate a Briuxelles e Strasburgo dalla nota lobby.

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