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    DOMANDA ROSSOPORPORA, ZUPPI, REPUBBLICA, LA CROIX, PAROLIN/DAMOSSO

    DOMANDA ROSSOPORPORA, ZUPPI, REPUBBLICA, LA CROIX, PAROLIN/DAMOSSO – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 11 luglio 2024

     

    Una nostra domanda al card. Mario Grech, Segretario generale del Sinodo, sulla prevista istituzione di una stramberia come il ministero dell’ascolto e dell’accompagnamento. Dalla Settimana sociale di Trieste: card. Zuppi, una fotografia sublime di ‘Repubblica’ con Scaramuzzi. Voto francese: due editoriali di peso de La Croix. Il card. Parolin e la ‘Pacem in terris’ per il Premio ambasciatori al libro di Piero Damosso su Chiesa e guerra.

     

    DOMANDA DI ROSSOPORPORA.ORG AL CARDINALE MARIO GRECH, SEGRETARIO GENERALE DEL SINODO DEI VESCOVI IN OCCASIONE DELLA CONFERENZA-STAMPA (9 LUGLIO 2024) DI PRESENTAZIONE DELL’INSTRUMENTUM LABORIS PER IL SINODO DI OTTOBRE 2024. CON RISPOSTA

    . Eminenza, ho sentito parlare della prevista istituzione di un ministero nuovo dell’ascolto e dell’accompagnamento. Ci si può chiedere: l’ascolto e l’accompagnamento non sono già costitutivi del servizio pastorale? Non è questo un passo verso un’ulteriore burocratizzazione della Chiesa? Non si rischia alla fin fine, almeno in Occidente, di avere più operatori pastorali che fedeli? Grazie

    . Risposta del card. Mario Grech: Capisco la Sua domanda, perché tutta la Chiesa è invitata a imparare l’arte dell’ascolto, tutto il popolo di Dio è invitato ad accompagnare. Come d’altronde tutti siamo chiamati a proclamare la Parola, a catechizzare gli altri… eppure ci sono i ministeri dei lettori, ci sono i ministeri dei catechisti… Non vuol dire che c’è una burocratizzazione… è fatto per intensificare, per sottolineare, per dare anche un esempio al popolo di Dio. Il fatto che c’è questa proposta di un ministero dell’ascolto non vuol dire che poi la comunità non si impegnerà, anzi questo ministero deve proprio aiutare, educare la comunità a progredire in questo servizio. Speriamo che non succeda quello che Lei ha detto…

     

    SPUNTI DALLA 50.MA SETTIMANA SOCIALE DELLA CHIESA ITALIANA (TRIESTE 3-7 LUGLIO 2024)

    . Dall’intervento di apertura del card. Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei (3 luglio 2024)

    . Quale contributo, allora, può offrire la Chiesa all’Italia in questa stagione storica? La Chiesa non rivendica privilegi, non li cerca, ben consapevole di come questi in passato l’hanno fatta percepire preoccupata per sé e meno madre. Ci sentiamo parte di un Paese che sta affrontando passaggi difficili e crisi epocali: basti pensare all’inverno demografico, alla crescita delle disuguaglianze, alle percentuali di abbandono scolastico, all’astensionismo e alla disaffezione sempre più numerosa alla partecipazione democratica, alla vita scartata che diventa insignificante per l’onnipotenza che si trasforma in nichilismo distruttivo di sé stesso. Sentiamo la sfida dell’accoglienza dei migranti, della transizione ecologica, della solitudine che avvolge molte persone, della difficoltà di spazi per i giovani, dell’aumento della conflittualità nei rapporti sociali e tra i popoli, infine della guerra che domina lo scenario internazionale e proietta le sue ombre su tutto questo. (NdR: passaggi difficili, sfide epocali… ma possibile che la rivoluzione antropologica – che tanto incide sulla quotidianità di tutti – non sia nemmeno citata?) Ci angoscia il fatto che oggi i “poveri assoluti” siano cresciuti fino a diventare più di 5 milioni e mezzo: 1 su 10, tantissimi. Dovremmo interrogarci con severità: come è possibile? Quante risorse sprecate, quante opportunità perdute, quanti campi in cui è urgente una maggiore solidarietà!

    . L’indicazione evangelica e la Dottrina sociale della Chiesa rappresentano tanta parte dell’umanesimo che è – questa sì! – la vera identità del nostro Paese (NdR: ah… quei sovranisti cattivoni!) e che per questo mantiene lo sguardo critico verso possibili derive della convivenza civile. Ecco quale è la vera rilevanza della Chiesa e dei cristiani: l’amore per Cristo che la porta necessariamente a quello per i suoi fratelli più piccoli! “Se condividiamo il pane del cielo, come non condivideremo quello della terra?”, ricordava il Cardinale Lercaro

    . La Chiesa parla perché è libera e ha uno sguardo amorevole e benevolo verso ciascuno: di tutti è amica e preoccupata, nessuno è per lei nemico. Per questo, come Chiesa, di tempo in tempo, con la nostra esperienza umana dell’Italia, maturata tra la gente, esprimiamo “preoccupazioni”: sono testimonianze della realtà e dei suoi angoli dimenticati, sono offerte di dialogo in spirito di franchezza e collaborazione. (…) Oggi la democrazia soffre perché le società sono sempre più polarizzate, attraversate cioè da tensioni sempre più aspre tra gruppi antagonisti, dominate dalla contrapposizione amico-nemico, dalla pervasiva convinzione che l’individuo è tale quando è al centro, mentre è solo nella relazione che la persona comprende il suo valore.

    . Dal saluto conclusivo del card. Matteo Maria Zuppi (7 luglio 2024)

    , I cattolici in Italia non sono una lobby in difesa di interessi particolari e non diventeranno mai di parte, perché l’unica parte che amano e indicano liberamente a tutti è quella della persona, ogni persona, qualunque, dall’inizio alla fine naturale della vita. E non un amore qualsiasi, ma quello che ci insegna Gesù. L’altra sera abbiamo ascoltato un’orchestra. Tanti strumenti. Ogni musicista si era preparato, come deve essere, per dare il meglio di sé. Ogni strumento è importante, ma nell’orchestra tutti hanno bisogno di accordarsi agli altri. Così si realizza un’armonia e una sinfonia meravigliosa. Ecco come pensiamo la democrazia.

    . Dall’articolo sull’atmosfera regnante a Trieste di Jacopo Scaramuzzi (Repubblica, 5 luglio 2024, pagina 13, capocronaca). Dal vaticanista in carica – una delle poche firme leggibili anche se naturalmente ben schierate del quotidiano di Largo Fochetti… -  un incipit tanto epico quanto illuminante:

    Ci volevano i rivolgimenti della storia, e lo zampino di papa Francesco, per vedere Santa Romana Chiesa farsi baluardo della democrazia contro la minaccia delle destre (NdR: domanda spontanea: le destre non fanno parte della democrazia per il mondo rosso-arcobaleno di Repubblica?) e farlo, ironia della sorte, tra i palazzi signorili e le piazze asburgiche di Trieste (NdR: e tié… ce n’ è anche per gli Asburgo e, per estensione, per quel cattivone di Orban).

    Qui si svolge la cinquantesima settimana sociale dei cattolici, appuntamento che va avanti fin dal 1927, quando era in vigore il non expedit papale alla partecipazione dei fedeli alla vita politica italiana (NdR: a dire il vero le Settimane sociali nacquero nel 1907, su iniziativa di Giuseppe Toniolo…e si svolsero anche sotto il fascismo fino al 1934 compreso….). Il tema di quest’anno, partecipazione e democrazia, è stato scelto un paio di anni fa, ma il calendario ha voluto che cadesse quando al governo c’è Giorgia Meloni, in Francia e in Germania avanza la destra, e alla Casa Bianca si riaffaccia lo spettro di Trump. ‘Al cuore della democrazia’, il titolo della kermesse, suona allora come il desiderio di esorcizzare un rischio (NdR: il rischio che gli elettori votino a destra… la prossima volta inebriamoli di incenso e, intontiti,  chiudiamoli in casa a doppia mandata!)

    La partecipazione di Sergio Mattarella ha risvegliato l’orgoglio cattodem (NdR: e avanti col pride! Ma esistono per caso anche cattolici di altro segno?). Lui sembrava a casa, gli oltre mille delegati – un terzo giovani, un terzo donne - lo hanno accolto come uno di loro. ‘E’ stato bravissimo perché si è messo dentro la storia delle settimane sociali’, commenta il vescovo di Trieste Enrico Trevisi, (NdR: qualcuno nota differenze con il predecessore arcivescovo Giampaolo Crepaldi, già segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e vero autore del Compendio della dottrina sociale della Chiesa nel 2004?) ‘e ci ha aiutato a riconoscere come i cattolici devono portare avanti questa storia radicata nei principi della dottrina sociale della Chiesa: bene comune, giustizia, solidarietà, sussidiarietà, libertà, democrazia’.  

    E tanto basti. Grande Scaramuzzi, che con il suo incipit ha – intenzionalmente o involontariamente –saputo evidenziare in modo sublime sentimenti e intendimenti profondi di molti dei partecipanti alla kermesse, così da restituirci una foto di famiglia in un interno triestino tutta da gustare!

     

    VOTO FRANCESE: LA CROIX EN MARCHE!

    I fatti sono noti: le elezioni europee del 9 giugno, per quanto riguarda la Francia, hanno consacrato la vittoria del Rassemblement national (RN) di Marine Le Pen-Jordan Bardella e la pesante sconfitta della coalizione macronista. Tanto è vero che la sera stessa le président ha indetto nuove elezioni legislative per il 30 giugno. In quella data i francesi hanno dato ancora la maggioranza relativa al RN (con una piccola parte di Républicains); al secondo posto la coalizione composita rossoverdearcobaleno del Nouveau Front populaire (NFP, guidata dall’ex-trotzkista Mélenchon), al terzo l’altra coalizione macronista di Ensemble. Essendo il sistema elettorale francese basato sull’uninominale a doppio turno (nel caso in cui nel primo turno un candidato non raggiungesse la maggioranza assoluta), giocoforza tornare a votare il 7 luglio con i candidati che avevano superato il 12,5% dei consensi). Si è così creata una situazione in virtù della quale in ogni collegio uninominale non già assegnato al primo turno (501 su 577), per battere il candidato del RN c’è stata una generale desistenza tra i candidati frontisti e macronisti. Dalle urne è uscita così un’Assemblea nazionale divisa in tre grandi blocchi, con in testa il NFP (in cui hanno guadagnato una trentina di seggi soprattutto socialisti e verdi), al secondo posto i macronisti (che ne hanno perso una novantina), al terzo il RN (con un guadagno di una cinquantina di seggi). In voti il RN ne ha raccolti oltre 10 milioni, il NFP attorno ai 7, i macronisti poco più di 6. Tra parentesi si noterà che, se si fosse votato con il sistema elettorale inglese (uninominale secco, dove  vince chi ha un voto in più al primo turno), il RN avrebbe conquistato la maggioranza assoluta dei seggi all’Assemblea nazionale, ottenendone 297 su 577… Paese che vai, democrazia elettorale che trovi…

    Veniamo ora a un quotidiano francese ben fatto, di impronta catto-progressista: La Croix . Di La Croix questo sito si è già talvolta occupato. Nel 2023 dopo che da un sondaggio demoscopico da essa commissionato era emersa una tendenza politica maggioritaria di destra tra i giovani cattolici francesi partecipanti alla GMG di Lisbona (vedi  https://www.rossoporpora.org/rubriche/vaticano/1139-spagna-sanchez-adios-francia-giovani-cattolici-conservatori.html). Poche settimane fa, quando da un altro sondaggio commissionato da La Croix si constatava che oltre il 40% dei cattolici praticanti aveva votato alle europee per i partiti di Marine Le Pen e della nipote Marion Maréchal Le Pen, poi rientrata all’ovile per le legislative. (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/italia/1195-elezioni-ue-vescovi-tarquinio-firmatari-provita-con-p-s.html). Netta insomma la divaricazione tra pastori e gregge.

    Per il secondo e decisivo turno delle legislative del 7 luglio, La Croix ha dunque messo l’elmetto con l’editoriale del 5 luglio della sua direttrice Anne Ponce.

    Titolo: L’heure de la verité. Vi leggiamo tra l’altro:

    Certo c’è molto di vago nel programma elettorale del RN, specialmente in materia economica, ma c’è anche un perno indiscusso: la preferenza nazionale e l’indicazione degli stranieri come capri espiatori. In nome dei valori de La Croix, in nome delle convinzioni ancorate nella nostra tradizione cristiana, non possiamo accettarlo. Non possumus.

    Che degli elettori siano inquieti per se stessi e per il Paese, che sperino maggiori riconoscimenti, che aspirino a vivere degnamente del loro lavoro, che si augurino il funzionamento dei servizi pubblici, questo è legittimo. Che tali attese giustifichino il rifiuto dell’altro, no.

    Conosciuti i risultati del secondo turno, ecco un altro editoriale – stavolta del direttore aggiunto Séverin Husson – che suggerisce una possibile via d’uscita dalla situazione molto complicata e nel contempo ammonisce a far presto…perché il RN è alle porte!

    Queste elezioni legislativo hanno sprofondato la Francia nella nebbia. (…) Questa situazione ci offre dunque l’occasione di sperimentare un’altra pratica del potere (…), con delle coalizioni di governo che si costruiscono settimane dopo le elezioni, come accade presso diversi nostri vicini europei.

    E’ possibile, a condizione che i deputati si mostrino all’altezza dei loro elettori, che si sono mobilitati in massa, domenica scorsa, per sbarrare la strada al RN.  Da ciò si presume, ad esempio, che essi accettino di negoziare, e dunque di non concretizzare che una parte del loro programma. Il compromesso raggiunto con un alleato o anche con un avversario non è necessariamente un cedimento, soprattutto se giova all’interesse generale. C’è urgenza in tutto questo, poiché non dobbiamo sbagliarci: se al RN non è riuscito di conseguire la maggioranza dei seggi, esce comunque rafforzato da queste elezioni. E’ il RN che ha guadagnato di più in numero di seggi, costituendo il principale gruppo di opposizione nella nuova Assemblea. Se il marasma politico dovesse continuare, il RN tornerà più forte tra tre anni.

     

    AMBASCIATA D’ITALIA PRESSO LA SANTA SEDE: PAROLIN E PACEM IN TERRIS PER PREMIARE “PUO’ LA CHIESA FERMARE LA GUERRA?” DI PIERO DAMOSSO

    Martedì 2 luglio 2024 palazzo Borromeo ha ospitato la premiazione della quinta edizione del Premio letterario ‘Ambasciatori presso la Santa Sede’. Co-presieduta dai rappresentanti di Italia e Unione europea (Bruxelles è Bruxelles) la giuria comprende al momento i loro colleghi di Albania, Australia, Belgio, Cipro, Francia, Lituania, Macedonia del Nord, Ordine di Malta, Portogallo e Uruguay. Il premio è attribuito all’autore di un libro in italiano, destinato al grande pubblico, in materia di cultura e valori cristiani, relazioni tra Stato e Chiese, storia delle Chiese e dialogo interreligioso.

    Quest’anno è stato premiato il caporedattore del TG 1 Piero Damosso (curatore della rubrica ‘Dialogo’) per l’accurata indagine effettuata a sessant’anni dell’enciclica giovannea Pacem in terris e intitolata “Può la Chiesa fermare la guerra? (San Paolo Edizioni). Ampia attenzione nel testo al conflitto russo-ucraino. Una menzione speciale - per la prima volta - è stata conferita allo 'scrittore emergente' Rocco De Stefano per il romanzo "L'influencer di Dio" (Tau editrice)

    Alla cerimonia, introdotta dagli ambasciatori Francesco Di Nitto (Italia) e Alexandra Valkenburg (UE), è intervenuto (e, dato il tema, non è certo una sorpresa) il primo tra i diplomatici della Santa Sede. Nelle parole del cardinale Pietro Parolin gli echi della genesi della Pacem in terris (vedi tra l’altro crisi dei missili di Cuba dell’autunno 1962, con supplica papale ai potenti coinvolti), enciclica che l’oratore ha definito il “testamento spirituale” di Giovanni XXIII. La Pacem in terris, pubblicata il Giovedì Santo 11 aprile 1963, fu accolta “con calore” dal Governo statunitense, mentre di quello sovietico va ricordata la dichiarazione alla morte del Papa il 3 giugno 1963, in cui si evidenzia che egli “si era assegnato il compito di costruire un mondo senza guerra”. In particolare Parolin ha rievocato il radiomessaggio di Giovanni XXIII del Sabato Santo 13 aprile 1963, in cui spiegava e ribadiva la necessità di fare la pace con Dio, tra i popoli, nelle famiglie: “Parole intense che sono un patrimonio da custodire e far crescere, ciascuno assumendosi le proprie responsabilità". Il Segretario di Stato ha difeso l’odierna azione diplomatica, che ha il compito di “far crescere piccoli spiragli di pace senza mai stancarsi e senza cedere alla rassegnazione”. Interpellato dai media a proposito del concetto di “guerra giusta” (in relazione a un documento della Commissione Giustizia e Pace di Terra Santa che lo mette in dubbio a proposito degli sviluppi a Gaza del conflitto israelo-palestinese), Parolin ha affermato: “Sappiamo che sul concetto di guerra giusta c’è molta discussione oggi. La guerra giusta è la guerra di difesa. Però oggi con le armi che ci sono a disposizione diventa molto difficile definire questo concetto: credo che non ci sia ancora una posizione definitiva ma è un concetto in revisione". 

    Il Segretario di Stato ha evidenziato anche la “riflessione a tutto tondo sulla pace” contenuta nel libro di Damosso, che ha anche dato voce alle esperienze avute da una cinquantina di cercatori, costruttori e filosofi di pace.

    “Può la Chiesa fermare la guerra? Un’inchiesta a sessant’anni dalla Pacem in terris” comprende- dopo l’introduzione -  otto capitoli, con il primo dedicato a sviscerare i contenuti dell’enciclica. Nei successivi, dove primeggia il conflitto russo-ucraino, si tratta di Europa e del “nazionalismo aggressivo” di Putin (tra l’altro notiamo i paragrafi: “L’Occidente e la prevalenza della strategia economica” e “Gli accordi disattesi”, soprattutto quelli di Minsk II), di azione diplomatica, di “schemi di pace”, di proposte diverse (ambasciatore Ferrara, economista Zamagni, padre Albanese), di “via del dialogo” non solo ecumenico e interreligioso, del “pluralismo degli artigiani della pace” (con Sant’Egidio e altri, come ‘Rondine, il ‘Sermig’, ‘Nuovi Orizzonti’, i ‘Focolari’), di  “via della preghiera”.

    Qualche spunto. Dall’introduzione: “Per me ha sempre un grande significato nel Vangelo la parabola della moltiplicazione dei pani. Se saremo tutti come quel ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci, il Signore potrà operare e sfamare anche 5mila persone. Portiamo ciascuno il proprio pane, e non perdiamo mai la speranza, non perdiamo mai la convinzione che non c’è nulla di impossibile, anche se così appare e nessuno ha mai osato fare diversamente”.

    Dal paragrafo “Il dialogo di Istanbul”:L’unico momento che ha visto avvicinarsi russi e ucraini a una possibile intesa, almeno parziale, in questo periodo di guerra, l’unico spazio – si può dire – quasi di luce nel buio dei bombardamenti e delle atrocità del conflitto, ha il nome di una bellissima città della Turchia, Istanbul. Sì, perché proprio lì alla fine del marzo della scorso anno (NdR: 2022), ad appena un mese dall’invasione, un primo percorso di accordo è stato sfiorato. (…) I negoziatori avevano riferito ai giornali che si era giunti persino a una bozza di trattato con gli articoli. C’era stato anche un contributo specifico dell’Italia al piano di pace turco, in particolare per il riconoscimento delle minoranze linguistiche nel Donbass sulla base di uno schema che aveva come riferimento il modello dell’Alto Adige. Ma la mediazione delle Turchia (…) si è dovuta arrendere. Il tentativo, il primo più vicino a un risultato, si è arenato nel giro di pochi giorni per la scoperta delle fosse comuni di Bucha e per la tragedia di Mariupol”.

    Dal paragrafo “La legittima difesa”:E’ chiaro che la legittima difesa non può essere ritenuta dalla Chiesa cattolica un diritto assoluto, senza limiti e senza condizioni, e sempre proporzionato alla violenza dell’offesa. Ma è comunque riconosciuto come grave dovere, in particolare per la legittima autorità pubblica. In ogni caso lo spirito con cui vivere il Catechismo rientra pur sempre in quello evangelico, testimoniato dall’attuale papa Francesco, che con i suoi gesti e documenti, indica una vera e propria lotta alla guerra, male assoluto, per il futuro dell’umanità e la sopravvivenza del pianeta”.

    Dall’intervista a Paola Severino (presidente della Luiss School of Law e presente come interlocutrice di Piero Damosso a Palazzo Borromeo). Domanda di Damosso nel libro: “Ma come si può aprire un dialogo con Putin dopo il mandato di arresto internazionale?” Risposta di Paola Severino: “Credo che il mandato di arresto fosse dovuto perché la competenza della Corte penale internazionale comportava la necessità di reagire alle prime prove che erano state raccolte sull’esistenza dei crimini di guerra (…) Si tratta di una misura cautelativa preliminare. Non credo che sia questo il motivo per il quale non si possa percorrere un cammino di pace”.  

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