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    RAVASI: SAPIENZA E BELLEZZA, PERLA PREZIOSA E COSE NUOVE

    RAVASI: SAPIENZA E BELLEZZA, PERLA PREZIOSA E COSE NUOVE – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 1 luglio 2013

     

    Intelligenza, sapienza, ricerca della bellezza. E nel contempo il riconoscere la perla preziosa, l’estrarre dal proprio tesoro prima le cose nuove (sinonimo di creatività), pur non disprezzando le antiche, perché ogni artista molto deve al passato. Di questo ha trattato lunedì primo luglio il cardinale Ravasi nell’omelia sviluppata dentro il Pantheon in occasione dell’ammissione di dieci soci nella Pontificia Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi. La celebrazione è stata resa suggestiva, oltre che dalla nobiltà del luogo, anche dal coro della diocesi di Roma, diretto da mons. Frisina. 

     

     

     

    A occhio l’occasione sembrava poter essere feconda di riflessioni. E lo è stata. A quattro giorni di distanza dalla santa messa presieduta in Santa Maria in Camposanto (e dall’omelia sui ‘verbi dei martiri’), il biblista porporato ha voluto dedicare la sua attenzione agli ‘uomini illustri’ congregati nell’Accademia per eccellenza “di belle arti e lettere” riconosciuta da Paolo III nel 1542. Lo spunto è stato dato dapprima dalla lettura di un brano del Siracide, libro sapienziale che si riteneva contenesse il succo della cultura ebraica. Erano tempi quelli, ha subito annotato il prefetto emerito della Biblioteca ambrosiana, in cui per la cultura “c’era passione, ammirazione”, sentimenti che oggi “non si ritrovano nei confronti dell’intelligenza e della sapienza”. Gli “uomini illustri” del Siracide erano in grado di guidare il popolo, di dispensare saggezza, di inventare melodie, di comporre canti poetici: e vivevano nella pace interiore. Qui il presidente del Pontificio Consiglio della cultura ha fatto osservare che nella traduzione latina di san Gerolamo si aggiungeva un’altra virtù rispetto al testo ebraico e a quello greco: “erano uomini dediti alla ricerca della bellezza”. Ogni artista, ha qui rilevato Ravasi, “ha una tensione verso il mistero della bellezza, che ha sempre due tagli: quello del dolore e quello della felicità, penetrando in ambedue i casi nell’intimo, trapassando il cuore”. Se la bellezza da una parte è la celebrazione dell’armonia, dall’altra è anche “il canto della tragedia”. Del resto, “se non ci fosse il dolore, i due terzi della letteratura non esisterebbero, come l’intero Dostoevskij”. Perciò la bellezza è grande quando sa esaltare anche la ferita, quella che sanguina.  

    Rifacendosi al Vangelo di Matteo (13, 45: Il Regno dei Cieli è simile anche ad un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra e 13,52 Per questo ogni scriba (leggi: intellettuale), divenuto discepolo del Regno dei Cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche), il cardinale Ravasi ha affermato che gli artisti la perla preziosa l’hanno avuta in dono e non la devono acquistare. E’ l’ispirazione che ha in sé una sacralità simile a quella della Parola di Dio. IDel resto “per certi versi il linguaggio dell’arte ha una grammatica analoga a quella della fede e a quella dell’amore”. Può apparire curioso che lo scriba della parabola estragga dal tesoro prima le cose nuove, poi quelle antiche. Ma è come per gli alberi, che “hanno il tronco e le radici spesso secolari… e però ogni primavera ecco la novità delle foglie sempre nuove e sempre diverse”. Le cose nuove vanno estratte prima dal tesoro, poiché “sono il segno della creatività” e tuttavia “bellezza e nuovo poggiano sulla tradizione” sempre valida. Come ha detto Bernardo di Chartres (o forse Giovanni di Salisbury): “Noi siamo nani sulle spalle di giganti”: e i nani, ha chiosato Ravasi, vedono più lontano dei giganti.

    Considerati i contenuti dell’omelia si è inserita perfettamente nell’atmosfera del rito la francescana “Tu sei Bellezza/tu sei la Pace” (con la voce intensa della solista Mariangela Topa). Tra le altre melodie del coro (ringraziato ancora una volta dal cardinale all’inizio dell’omelia, poiché sa “rivolgere il suo sguardo verso l’infinito e l’eterno”), “Benedici il Signore anima mia” e il sempre suggestivo “Totus tuus” finale. Si è poi passati all’ammissione solenne di dieci nuovi soci (hanno promesso di servire la fede cattolica) nella Pontificia Accademia dei virtuosi, presieduta dal professor Vitaliano Tiberia: tre architetti, un pittore, tre scultori, tre letterati e poeti. I loro nomi (alcuni assai noti): Lorenzo Bartolini Salimbeni, Mario Botta, Maria Antonietta Crippa, Pedro Cano, Giuseppe Ducrot, Mimmo Paladino, Ugo Riva, Laura Bosio, Vincenzo Cerami, Luca Doninelli.

    Avendo l’Accademia come patrono san Giuseppe, la celebrazione si sarebbe dovuta tenere il 19 marzo, ma quel giorno (e chi non se lo ricorda?) c’è stato in piazza san Pietro l’insediamento di papa Francesco, ricco di emozioni per la mente e il cuore. Da qui il rinvio al primo luglio.

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