SIRIA/OSPEDALI APERTI: AVSI, CARDINALI E AMBASCIATORI… - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 5 giugno 2019
Palazzo Borromeo ha ospitato recentemente un incontro di notevole spessore sullo sviluppo del progetto ‘Ospedali aperti’ in Siria, gestito dall’AVSI. Tra gli interventi quelli dei cardinali Zenari e Bassetti e degli ambasciatori d’Italia e d’Ungheria presso la Santa Sede. E l’Avvenire in guerra contro Budapest si distingue ancora…
PREMESSA
Oggi, 5 giugno 2019, alla vigilia del suo novantunesimo compleanno, è morto il cardinale marchigiano Elio Sgreccia, già segretario del Pontificio Consiglio per la famiglia e poi dal 1996 a tempo pieno alla Pontificia Accademia per la Vita, prima come vicepresidente, poi come presidente. Lo ricordiamo in una dichiarazione d’intenti fatta a Radio Vaticana il 3 gennaio 2005, giorno della sua nomina alla testa dell’importante organismo pontificio. Domanda: “Quali le priorità del suo lavoro?” Risposta di Sgreccia: “La piaga dell’aborto, sulla quale la Chiesa non può fare né acquiescenza né silenzi né compromessi. Ma ce ne sono anche nuove, come la procreazione artificiale, come la clonazione, come l’abuso della vita umana e dei bambini, l’eutanasia. Noi speriamo sempre che le coscienze non disarmino e che si possa riaffermare il diritto alla vita, il riconoscimento della dignità, l’accoglienza del malato e del morente”. Parole profetiche di un grande e infaticabile difensore della vita umana. Nel nostro sito chi è interessato può trovare diverse interviste a Elio Sgreccia, sia da vescovo che da cardinale. In particolare: https://www.rossoporpora.org/rubriche/interviste-a-cardinali/41-elio-sgreccia-eluana-ferita-non-sanata.html oppure https://www.rossoporpora.org/rubriche/interviste-a-cardinali/174-elio-sgreccia-la-rinuncia-la-scelta.html e altre ancora.
UN PRIMO BILANCIO DEL PROGETTO ‘OSPEDALI APERTI’ ALL’AMBASCIATA D’ITALIA PRESSO LA SANTA SEDE
L’obiettivo è fornire in patria cure gratuite a 50mila siriani poveri entro fine 2020: dal luglio 2017, quando il progetto “Ospedali aperti” è decollato, sono circa 23mila le persone ‘vulnerabili’ che hanno potuto usufruire dei servizi di tre ospedali, l’italiano e il francese di Damasco, il St. Louis di Aleppo. Una goccia nel mare dei bisogni primari di milioni di residenti nello sfortunato Paese mediorientale, ma purtuttavia una goccia di cui hanno beneficiato concretamente decine di migliaia di esseri umani. Poco se si guarda ai grandi numeri, tanto se si pensa che dietro ogni unità c’è una storia di vita.
“Ospedali aperti” è sorto da un’idea prospettata nel 2016 (in occasione di un incontro a Beirut con i vescovi siriani) dal cardinale Mario Zenari - nunzio apostolico a Damasco dal 2009 - in collaborazione con l’allora segretario del Pontificio Consiglio Cor Unum Giampietro Dal Toso. Un’idea ‘trasmessa’ per la realizzazione sul terreno all’Associazione Volontari Servizio Internazionale (AVSI), una fondazione ciellina nata nel 1972, associata alla Compagnia delle Opere e che – stando al bilancio 2017 - è al quinto posto per entrate tra le grandi ONG operanti in Italia (dopo Save The Children, Intersos, Unicef e Médecins sans Frontières, precedendo Emergency e ActionAid).
Di “Ospedali aperti” si è parlato nel corso di un incontro tenuto venerdì 31 maggio nel salone dell’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede in presenza di un folto pubblico.
IL SALUTO NON BANALE DELL’AMBASCIATORE SEBASTIANI
Come di consueto il saluto del padrone di casa non si è limitato ai convenevoli di rito. L’ambasciatore Pietro Sebastiani infatti, dopo aver evidenziato i “grandi risultati” conseguiti dal progetto in questo anno e mezzo, ha voluto evidenziare come la Siria sia una “culla delle civiltà moderne e un punto di partenza dell’annuncio cristiano”. Il progetto è tanto più meritevole di sostegno se si pensa al fatto che l’80% della popolazione vive ormai in povertà estrema, con oltre 6 milioni di sfollati interni (più o meno metà dei residenti). Sebastiani - che è stato nel 2016-17 direttore generale della Cooperazione italiana allo sviluppo - ha anche sottolineato che l’ltalia sta facendo la sua parte per la Siria sia attraverso il sostegno ai ‘corridoi umanitari’ che con un contributo finanziario che dal 2012 ha oltrepassato i 200 milioni di euro. In Siria, ha concluso l’ambasciatore, è necessario “mettere in atto il ‘dialogo della vita’ secondo la definizione del cardinale Zenari”.
Allo stesso nunzio apostolico ha fatto riferimento nel suo saluto il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, colpito da quanto detto recentemente da Zenari: “La Siria è cinque volte peggiore dell’Inferno”. Il porporato toscano (anche se nato nella diocesi di Faenza-Modigliana) ha poi richiamato la necessità che sulla tragedia non si spengano i riflettori del mondo come purtroppo sta accadendo.
I cinque relatori sono stati introdotti da Maria Gianniti (TG1), che ha ricordato come la guerra si sia riaccesa sanguinosamente con l’offensiva portata dall’esercito siriano sostenuto dall’aviazione militare russa contro l’ultima roccaforte ribelle islamista di Idlib. Giampaolo Silvestri (segretario generale dell’Avsi) ha rievocato l’origine e lo sviluppo del progetto, che si fonda sulle cure a chi non ha i mezzi finanziari per permettersele, sulla fornitura di attrezzature adeguate, sulla formazione di medici siriani. Il budget totale previsto ammonta a circa 16 milioni di euro e se ne devono raccogliere ancora 5. I costi sostenuti da luglio 2017 ad aprile 2019 si sono aggirati intorno ai 6 milioni di euro. Il presidente della Fondazione-partner “Terzo Pilastro internazionale” Emmanuele Emanuele ha invece evidenziato che anche l’Italia, “lo si voglia o non lo si si voglia, è parte del Mediterraneo (…) e dell’Oriente, dove tutto è cominciato”, mentre Giovanni Raimondi (presidente della Fondazione-partner del Gemelli) si è soffermato sul “ruolo fondamentale della formazione”.
IL NUNZIO ZENARI E LA PARABOLA DEL BUON SAMARITANO
L’ideatore del progetto, il nunzio apostolico Mario Zenari, è invece dapprima riandato ad alcuni ricordi di incontri con personalità che si sono occupate della guerra siriana, come Carla Del Ponte (già procuratore del Tribunale penale internazionale dell’Aja): “Crimini così orribili come in Siria non li ho visti mai né in Ruanda né nella ex-Jugoslavia”, gli aveva confidato il magistrato ticinese. Il diplomatico pontificio ha rammentato che tra il 2014 e il 2018 ci sono stati circa 700 attacchi a strutture sanitarie nel Paese: “E’ tutta intera la Siria che sanguina – ha proseguito – la Siria assalita dai ladroni, lasciata mezza morta sul ciglio della strada e soccorsa dai buoni samaritani, un certo numero dei quali aggrediti e uccisi dagli stessi ladroni”. La Siria è un Calvario, con “tante Veroniche, cirenei e buoni samaritani (…) animati da profonda pietà umana. Tanti, mentre asciugavano le lacrime, sono morti”. Anche in queste settimane, ha osservato accorato Zenari - che si considera una sorta di “veterano di guerra” rappresentando da vent’anni la Santa Sede in Paesi appunto in guerra - “nella zona di Idlib sono state colpite 17 scuole e 18 strutture ospedaliere…. Cerchiamo di tappare un buco e si apre subito una grossa falla”. A volte si è tentati dallo scoraggiamento: “Che cosa è in tale situazione curare 23mila persone o anche 50mila?” Eppure, ”come capita per la sottilissima coltre verde visibile a fine marzo-inizio aprile alla periferia di Damasco, anche i piccolissimi semi faranno prima o poi germogliare il deserto”. Fondamentale è poi che alla Siria “non capiti una disgrazia peggiore di quanto fin qui ha sopportato: quella di essere dimenticata dal mondo”.
L’INTERVENTO MOLTO DI SOSTANZA DELL’AMBASCIATORE D’UNGHERIA
Con grande attenzione è stato seguito (e lo provano certe risatine ammiccanti e maliziose provenienti dalle prime file, udite distintamente in alcuni momenti ‘delicati’) l’intervento dell’ambasciatore di Ungheria presso la Santa Sede. Eduard Habsburg-Lothringen con sorridente semplicità ha spiegato la politica ungherese verso i cristiani perseguitati e in particolare verso quelli siriani, snocciolando dati e cifre inoppugnabili. Dopo aver definito il progetto “Ospedali aperti” “un’iniziativa seria e compatibile con gli obiettivi del governo ungherese”, il diplomatico ha ricordato che Budapest nella sua politica evidenzia l’importanza del cristianesimo, collabora con le Chiese, si preoccupa perché si realizzi il diritto di ogni comunità di vivere nella propria patria, interviene a sostegno dei cristiani perseguitati. A quest’ultimo proposito l’ambasciatore ha rilevato che i cristiani perseguitati apprezzano molto l’aiuto ungherese. E’ anche sotto il segno di tale solidarietà che “l’Ungheria ha concesso la cittadinanza agevolata ad alcuni” di loro, “oltre, ovviamente, a concedere l’asilo ai rifugiati propriamente detti, il che, nonostante l’immagine contraria - è sempre stato fatto, secondo le norme di diritto internazionale”.
La politica del governo ungherese prevede anche la sensibilizzazione costante dell’opinione pubblica internazionale (e in particolare dei Governi occidentali) sul dramma dei cristiani perseguitati, la comunità religiosa più oppressa nel mondo. E qui Eduard Habsburg-Lothringen ha citato una delle domande che più spesso vengono rivolte ai diplomatici magiari: Perché vi concentrate sempre sui cristiani, come se voleste escludere i bisognosi di altre fedi? Non è cosa controproducente? L’ambasciatore presso la Santa Sede ha spiegato che da una parte sono proprio “i cristiani a subire – soprattutto nei Paesi del Medio Oriente – le più pesanti discriminazioni a causa della loro fede”. E i cristiani mediorientali sono molto riconoscenti per questa attenzione. Dall’altra “il Governo ungherese preferisce chiamare le cose con il loro nome e andare controcorrente”. Ciò non significa certo escludere dal sostegno i non-cristiani:”Gli aiuti concreti sono affidati alle comunità locali e di solito vanno anche a beneficio di persone di altre fedi”, come dimostra il progetto ‘Ospedali aperti’, che “è un bellissimo esempio in questo senso” e rientra pienamente negli intendimenti del Segretariato per l’aiuto ai cristiani perseguitati e nel programma dell’agenzia Hungary Helps. Non a caso il governo ungherese ha approvato un contributo di 1,5 milioni di euro, il cui bonifico è stato consegnato personalmente al cardinale Zenari dal primo ministro Viktor Orbán in un incontro di inizio gennaio a Budapest.
Ci sembra interessante citare integralmente la chiusa dell’intervento dell’ambasciatore Eduard Habsburg-Lothringen: “L’Ungheria non è un Paese grande e facoltoso ma, cosciente delle proprie possibilità e responsabilità, nonché delle urgenze dell’attuale periodo storico, cerca di fare del suo meglio per aiutare quelli che ne hanno più bisogno. Ha dovuto, certo, adottare delle scelte e seguire delle priorità, perché chiaramente non può prendersi carico di tutto il mondo. Lo fa sostenuto da quei principi che abbiamo visto all’inizio. E, soprattutto, cerca di fare ciò che i diretti interessati gli chiedono. E questo è stato così riassunto da Mons. András Veres, Presidente della Conferenza Episcopale Ungherese: ‘I vescovi del Medio Oriente spesso ci chiedevano di non incentivare i cristiani a lasciare la loro terra, poiché una volta partiti non ci torneranno più. Invece, ci hanno chiesto di aiutarli a sopravvivere la guerra’. È proprio ciò che il Governo ungherese, con altre parole, continua a dire, ossia: invece di importare i problemi in Europa bisogna portare l’aiuto là dove ce n’è bisogno.”.
MA L’AVVENIRE IGNORA L’INTERVENTO DELL’AMBASCIATORE UNGHERESE. CHISSA’ CHE NE PENSA IL CARDINALE BASSETTI?
Chi ci ha letto fin qui avrà capito perché l’intervento – certo non di rito - di Eduard Habsburg-Lothringen è stato seguito con interesse dalla platea. Sull’ Avvenire del giorno dopo, primo giugno, è apparsa una cronaca corposa dell’incontro, sotto il titolo a cinque colonne: “Ospedali aperti. L’impegno si rinnova”. Nelle 138 righe del testo sono citati tutti i relatori, ma proprio tutti….salvo l’ambasciatore d’Ungheria. Può darsi che in quella decina di minuti la cronista Alessia Guerrieri si fosse appisolata, abbia dovuto soddisfare un’urgenza improcrastinabile… chissà? Tuttavia viene più spontaneo pensare che tale turiferaria bellica abbia pensato di proseguire le ostilità avveniristiche contro il ‘diavolo’ europeo (“il sulfureo Orbán”, come ha scritto a commento delle recenti elezioni il giornale cattofluido). Esattamente come proseguono quelle di Avvenire contro il ‘diavolo’ italiano Matteo Salvini. Se fossimo il Turiferario direttore, il noto Tarquinio il Superbo, ci informeremmo però presso l’editore, ovvero la Cei nella persona del suo presidente, su che cosa pensa della campagna avveniristica anti-ungherese. Abbiamo l’impressione netta (ma proprio netta netta) che il cardinale Bassetti non veda la politica ungherese in modo tanto riduttivo e semplicistico, in bianco e nero, come il ‘suo’ giornale… Direttore, suvvia, faccia una telefonata!
A proposito del cardinal Bassetti, assai interessante anche una delle sue dichiarazioni ai giornalisti a margine dell’incontro, a proposito del tema europeo: “Io credo nell’Europa, però quella che avevano pronosticato i nostri Padri, che doveva essere l’Europa dei popoli. L’Europa si è molto burocratizzata e abbastanza settorializzata. È diventata non l’Europa dell’economia, che è una cosa molto seria, ma della finanza anche in senso stretto”. Parimenti interessante la citazione fatta dal presidente della Cei di un’affermazione del patriarca caldeo cardinale Louis Raphael Sako a riguardo della sparizione dei cristiani dal Medio Oriente: “Quando finiranno le radici abramitiche anche del nostro cristianesimo, cadrà l’albero dell’Occidente”.