LGBT, LOBBY VORACE E SERVILISMO: SVIZZERA, JUVENTUS, UMBRIA – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 7 luglio 2022
Ne succedono, ne succedono…. ma queste sono tanto inquietanti quanto penose…
Nel canto primo dell’Inferno, Dante racconta che – uscito dalla ‘selva oscura’ – aveva incominciato la salita del pendio che gli stava davanti ma subito ne era stato impedito da tre bestie, allegoria di tre vizi diffusissimi: una lonza, un leone, una lupa. Di quest’ultima Virgilio, improvvisamente apparsogli, dirà che essa “ mai non empie la bramosa voglia/ e dopo 'l pasto ha più fame che pria”. Similmente – a giudicare anche dalla cronaca di questi giorni - si comporta la nota lobby lgbt. Cioè una categoria ideologica di attivisti – foraggiatissima dai poteri economici e coccolatissima dalle loro propaggini mediatiche - da tenere ben distinta (non finiremo mai di evidenziarlo) dalle singole persone omosessuali.
Ad esempio….
SVIZZERA: DOPO IL ‘MATRIMONIO PER TUTTI’ ANCHE IL SUPERAMENTO DELLA BIGENITORIALITA’?
Come è ben noto ai nostri lettori il 18 dicembre 2020 il Parlamento svizzero ha approvato il ‘matrimonio per tutti’, decisione confermata a livello di voto popolare il 26 settembre 2021 (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/svizzera/1035-svizzera-voto-nozze-gay-no-ascoltando-anche-ratzinger.html e https://www.rossoporpora.org/rubriche/svizzera/1037-svizzera-e-san-marino-l-eclissi-dell-umanesimo.html ). E’ così che il primo luglio 2022 è entrata in vigore la norma, che comprende anche la possibilità di adozione congiunta di un figlio e per le coppie lesbiche ‘sposate’ di accedere alla donazione di sperma.
L’organizzazione-mantello della nota lobby, la Pink Cross, ha espresso naturalmente la propria grande soddisfazione. Ma non si è accontentata di questo. Siccome l’appetito vien mangiando, ha chiesto ufficialmente in un comunicato che sia data la possibilità di riconoscere legalmente più di due genitori per ‘famiglia’. Ha spiegato il portavoce Jan Müller, anche in un’intervista alla SonntagsZeitung di domenica 3 luglio, che oggi esistono numerose aggregazioni familiari, che lui chiama ‘famiglie’, che non corrispondono più al modello tradizionale: “L’obiettivo della politica dovrebbe essere quello di riflettere la realtà della vita, creando sicurezza giuridica” per tutte tali aggregazioni.
Perciò i genitori riconosciuti legalmente dovrebbero poter essere anche tre, quattro e più, a seconda degli incroci aggregativi. Non solo: in Svizzera dovrebbe essere lanciato in grande stile il dibattito sulla legalizzazione dell’utero in affitto nel Paese, “così da evitare che le coppie debbano recarsi all’estero per la pratica”. Naturalmente – e qui si raggiunge il colmo della sfacciataggine e dell’assurdo - la nuova legislazione elvetica sull’utero in affitto dovrebbe imporre “regole etiche strette”. Ce n’è da riflettere anche per i cattopiddini e in genere per il mondo cattofluido, assai lento o tartufesco (soprattutto) nel comprendere le dinamiche della sovversione antropologica.
PREMIO ARCIGAY ALLA JUVENTUS
Ecco un altro esempio della voracità della nota lobby, stavolta in ambito sportivo. Il primo luglio è stato assegnato per la prima volta dall’Arcigay il premio “Italia in campo contro l’omofobia Awards 2022”, Sezione “Squadra sportiva”.
La vincitrice? La Juventus. E’ il caso di dire che il famoso stile zebrato emerge non solo in campo, ma anche fuori.
Infatti da qualche tempo che la squadra bianconera sgomita per essere in prima fila nel politicamente corretto (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/italia/1031-biden-per-svizzera-lgbt-juve-senza-dignita-poveri-santi-di-roma.html ), praticamente una propaggine del peggio del calcio inglese (proprio quello che la vituperata – dai turiferari del pensiero unico – piccolagrande Ungheria ha umiliato per due volte di fila nelle recenti partite della Nations League). A giugno anche il logo juventino è diventato arcobaleno così da onorare il mese preferito dalla nota lobby per i gay pride.
Insomma il premio la Juventus se l’è meritato, così come il suo presidente Andrea Agnelli, un tipo sprint socialmente avanzato. Non tutti i tifosi bianconeri (come si è notato dai commenti nei vari siti) l’hanno però presa bene. E c’è da scommettere che, nel prossimo campionato, l’accoglienza da parte dei tifosi avversari comprenderà un coro con epiteti inediti rispetto ai soliti, già di per sé molto onorifici…
UMBRIA: I VERTICI POLITICI E RELIGIOSI SI INGINOCCHIANO ALLA NOTA LOBBY – PER RENATO BOCCARDO, PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE UMBRA, NOTA LOBBY E CATTOLICI PRO VITA E FAMIGLIA PARI SONO.
Anche in Umbria la nota lobby è riuscita a farsi riconoscere ufficialmente come controparte con cui dialogare sia dai vertici di centrodestra della Regione che dal presidente della Conferenza episcopale umbra.
Della scellerata decisione della governatrice leghista Donatella Tesei di patrocinare e finanziare il Gay Pride di Perugia del 25 giugno 2022 già abbiamo ampiamente riferito (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/italia/1084-gay-pride-centrodestra-allo-sbando-droga-legale-un-no-ragionato.html ). La decisione - in totale contrasto con gli impegni in materia di famiglia sottoscritti dalla Tesei in campagna elettorale – aveva suscitato le forti proteste di Pro Vita&Famiglia e altre associazioni di cattolici, oltre che di politici come il senatore leghista Simone Pillon. Da notare che nel manifesto del Pride si postulava tra l’altro la legalizzazione dell’utero in affitto e perfino della poligamia (leggi: “relazioni non monopartneriali”). Il raduno aveva ricevuto il patrocinio, oltre che della Regione e della Provincia di Perugia, anche di alcuni comuni come Spoleto, Gubbio, Gualdo Tadino, Narni, ma non di Perugia e Terni.
Il 30 giugno su La Voce (settimanale delle diocesi umbre) è apparso un editoriale molto duro, a firma del direttore Daniele Morini, dal titolo (già di per sé assai significativo) “Famiglie senza etichette”. Ecco l’incipit, in cui il Morini parifica la piazza dell’Incontro delle famiglie a quella del Gay Pride: “La famiglia è vivissima e, a dimostrarlo, sono le piazze. In nome della famiglia non solo si discute ma ci si scalda pure. A difendere le diverse interpretazioni di sessualità, vita di coppia, genitorialità, si sono viste a confronto due ‘scuole’ proprio lo scorso fine settimana nella nostra regione, tra le iniziative che rilanciavano il 10° Incontro mondiale delle famiglie a Roma con Papa Francesco e, viceversa, il Pride di Perugia.”
Nel suo testo il Morini evoca poi alcune critiche da parte “della comunità lgbt+ “ alla famiglia ‘cattolica’ e così considera: “E’ evidente che il bersaglio contro cui la comunità lgbt+ scaglia i propri dardi avvelenati è l’atteggiamento di alcune aree oltranziste e intolleranti di centrodestra, più destra che centro. Senza fare nomi, tra questi c’è lo stesso soggetto politico – un senatore – che sta creando spaccature all’interno del partito al quale appartiene. Chiaro l’attacco al senatore leghista Pillon, a Pro Vita &Famiglia e alle altre diverse realtà cattoliche che ne condividono la visione in materia di principi non negoziabili.
Osserva poi il Morini che le famiglie cattoliche “pur avendo ben chiara e cara la propria identità, non indossano le insegne dei ‘crociati’ e, anzi, spesso si sentono lontane anni luce dallo stile comunicativo e dalle idee di qualche politico (…) Insomma, i credenti a volte sembrano prigionieri di etichette ideologiche che la gran parte delle famiglie cristiane non ha cercato”.
La nota lobby non poteva che apprezzare e reagire entusiasta a tali parole. Il presidente dell’organizzazione-mantello Omphalos, Stefano Bucaioni, lo stesso giorno ringrazia il direttore dell’organo delle diocesi umbre, con una lettera dall’incipit seguente, molto ma molto chiaro: “Le famiglie sono vivissime e, a dimostrarlo, sono le piazze. Prendendo spunto dall’apertura del suo editoriale, mi sono permesso di declinarla al plurale, provando ad offrire il contributo della nostra comunità all’interessante riflessione che ho letto sulle pagine de La Voce. Parlare di ‘famiglie’ anziché di ‘famiglia’, infatti, non è un espediente retorico per piantare una bandierina progressista nella discussione pubblica, ma il tentativo che la nostra comunità porta avanti da anni per tirar fuori il tema dal piano dell’ideologia e riportarlo dove dovrebbe stare: nelle piazze, nelle strade, sul piano della vita concreta delle persone. Un tentativo che, evidentemente, sta a cuore ad entrambi”. Troppo spesso anche in campo cattolico (per superficialità, ignoranza, opportunismo) si dà scarso peso alle parole utilizzate, un ambito in cui la nota lobby eccelle, anche per incisività. Come dimostra il presidente di Omphalos.
Altro passo significativo della lettera di Bucaioni: “Le rispettive differenze certamente rimangono e probabilmente le ferite del passato non si rimargineranno fintanto che la Chiesa cattolica non avrà il coraggio di chiedere perdono per il male che nei secoli ha compiuto, avallato o tollerato contro le persone omosessuali e transessuali. Per i roghi, per le condanne e per le ‘terapie riparative’ che, purtroppo, ancora oggi vengono praticate in Italia e nel mondo. Il dialogo, tuttavia, potrebbe restituirci, oltre a ciò che ci divide, anche ciò che ci unisce. La cura del prossimo, l’accoglienza dei migranti, il sostegno di chi ha meno, il perdono di chi sbaglia, e anche la difesa delle famiglie, tutte, sottraendo finalmente questo tema dagli artigli della destra oltranzista e ipocrita per costruire una società migliore, più aperta, più inclusiva e, quindi, più felice”. Insomma : richiesta di un altro gesto pubblico di perdono e solito inno alla costruzione di una società più ‘felice’ (chissà se il presidente di Omphalos ha mai letto le relazioni di educatori e psicologi sugli effetti nefasti per la comunità di una società ‘fuida’…)
Il primo luglio Bucaioni riceve una telefonata da Renato Boccardo, raffinato arcivescovo di Spoleto-Norcia, dal 2017 presidente della Conferenza episcopale umbra. E, nel passato, tra l’altro cerimoniere pontificio, organizzatore di diverse Giornate mondiali della Gioventù, responsabile dei viaggi papali, segretario della Pontificia commissione per le comunicazioni sociali e poi segretario del Governatorato vaticano. Si fa filtrare che nella telefonata i cattolici ‘oltranzisti’ sono stati sconfessati da Boccardo.
Il 4 luglio Boccardo ospita Bucaioni in Curia a Spoleto: un primo incontro che promette bene per la nota lobby, stando ai resoconti della stampa, frutto di telefonate con le due parti. Che “rimarranno in contatto” e che “hanno condiviso la preoccupazione per l’educazione delle nuove generazioni” (dichiarazione di Boccardo a Umbria 24 ). Quest’ultima affermazione suona a dir poco incredibile, se non folle per un cattolico, semplice fedele o presidente della Conferenza episcopale umbra che sia.
Bucaioni ha rilevato che – come ciliegina sulla torta - ha chiesto a Boccardo anche “di vigilare su presunte ‘cure’ dell’omosessualità”.
Lo stesso giorno, 4 luglio, l’arcivescovo incontra anche il senatore: su richiesta di quest’ultimo, ci ha tenuto a puntualizzare. A quanto è emerso, Boccardo ha spiegato al politico cattolico come l’editoriale del Morini su La Voce rientrasse “in una questione pastorale, che niente ha a che fare con la politica”. Bum bum bum.
Infine, mercoledì 6 luglio, La Voce pubblica, oltre alla lettera già citata di Bucaioni, una di Massimo Gandolfini, in cui il coordinatore del Family Day evidenzia tra l’altro un passo celebre di Amoris laetitia (esortazione apostolica del 10 marzo 2016 di papa Francesco, al termine dei due sinodi sulla famiglia), al numero 251: (i padri sinodali hanno osservato che) “circa il progetto di equiparazione al matrimonio delle unioni tra persone omosessuali, non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”. Perché accoglienza e rispetto sono per ogni persona, ma la famiglia è una sola.
Soprattutto però su La Voce del 6 luglio appare - sotto il titolo “Verso una tenda capace di dare accesso a tutti” - un editoriale dello stesso presidente della Conferenza episcopale umbra, che da una parte ribadisce l’importanza per gli sposi cristiani di testimoniare “una concezione e una forma di famiglia il cui fondamento sta nel matrimonio, quale unione fedele e stabile di un uomo e di una donna”. Ma dall’altra insiste nel porre sullo stesso piano la nota lobby e i cattolici umbri fedeli alla dottrina sociale della Chiesa. Insomma Boccardo fa l’equidistante in nome di un “dialogo schietto”, nascondendo questa sua posizione a dir poco sconcertante sotto una montagna di melassa del tipo: “Come comunità cristiana vogliamo quindi essere aperti al dialogo e al confronto con tutti gli uomini e le donne di buona volontà. In sostanza, verso una tenda capace di dare accesso a tutti”.
Cara Chiesa umbra, siamo proprio messi male.