DAVIDE DIONISI SU LIBERTA’ RELIGIOSA – DIRITTI UMANI: TESI DI LAUREA (CON P.S.) - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 8 marzo 2024
Ad ampio colloquio con Davide Dionisi, giornalista dei media vaticani, da poco più di un anno inviato speciale del governo italiano per la promozione della libertà religiosa nel mondo, con particolare attenzione a quella dei cristiani - Una tesi di laurea, elaborata da Alessia Lubrano, sulle sentenze della Corte europea di Strasburgo in materia di diritti umani: focus particolare sul caso Litvinenko - Breve galleria fotografica - Nel P.S. aborto diritto fondamentale in Francia.
Chi è Davide Dionisi? Dal primo gennaio 2023 è l’inviato speciale del Governo italiano per la promozione della libertà religiosa e la tutela delle minoranze religiose nel mondo, con particolare riguardo alle comunità cristiane. Conosciamo da tempo il cinquantasettenne giornalista, precedentemente molto attivo in vari snodi del sistema mediatico vaticano. L’abbiamo incontrato al terzo piano di Palazzo Chigi, nelle stanze riservate al vicepresidente del Consiglio e ministro degli esteri Antonio Tajani. Dalla lunga chiacchierata è uscita l’intervista che segue…
Davide, avresti mai pensato di finire a Palazzo Chigi? Tu eri un giornalista molto considerato nei media vaticani…
Intanto sono grato a chi mi ha dato la grande opportunità di maturare la mia esperienza professionale precedente. In maniera particolare mi sento di citare padre Federico Lombardi, che per me non è stato solo un maestro, ma anche un padre … un padre spirituale. E ovviamente mons. Dario Edoardo Viganò che, pur non conoscendomi personalmente, mi ha dato la possibilità di crescere e di maturare significative esperienze professionali durante la difficile transizione che i media vaticani hanno vissuto. Don Dario mi ha persino affidato incarichi importanti e di questo gliene sarò sempre grato. Probabilmente il fatto che oggi io sia qui a Palazzo Chigi non è casuale, perché con padre Lombardi ho iniziato un percorso dalla redazione centrale di Radio Vaticana, poi come inviato nei viaggi papali. Questo percorso si è interrotto con il Motu proprio, ma ha preso una piega diversa con nuove sfide entusiasmanti grazie a Mons. Viganò.
Quale Motu proprio?
La Lettera apostolica in forma di Motu proprio del 27 giugno 2015 sull’istituzione della Segreteria per la Comunicazione, con cui si accorpavano i media vaticani sotto uno stesso tetto. Proprio in quel momento di svolta mi è stata offerta dall’allora prefetto, don Dario appunto, la grande opportunità di un anno ‘sabbatico’ presso la Pontificia Università Lateranense per approfondire forme e contenuti del digital journalism conseguendo un master in tale ambito. Uscii dunque provvisoriamente per un anno dalla produzione giornalistica consueta per apprendere quelli che sono i nuovi linguaggi da docenti di alto livello, venendo a focalizzare opportunità e rischi dei social a vantaggio della ‘nuova’ comunicazione d’Oltretevere. Rientrato in sede, sono stato collocato in cabina di regia del portale Vatican News e in seguito nominato responsabile dei social media vaticani.
E poi… eccoti qui a Palazzo Chigi…. Per quel che ne so, sei stato ceduto per così dire in prestito dalla Santa Sede al Governo italiano. Non mi pare che ci sia un precedente in materia…
Sì, è la prima volta che accade. A dire il vero non conosco i dettagli dell’accordo firmato. So che il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri si è speso molto per me. Considerata la sua storia personale e politica, sotto il segno dell’equilibrio, ha del resto scelto due portavoce, uno per il ministro degli esteri alla Farnesina, il capo degli esteri di Repubblica e uno per il vicepresidente del Consiglio a Palazzo Chigi, prendendo il responsabile degli esteri de L’Osservatore Romano.
Quanto ti ha sorpreso, se ti ha sorpreso, la scelta?
La scelta mi ha sorpreso. Ti dico com’è andata. Una sera a casa ho ricevuto una telefonata da Paolo Ruffini, successore di mons. Dario Edoardo Viganò come prefetto del Dicastero della Comunicazione. Mi ha detto subito: “Guarda, Davide, che il Governo italiano ti vuole a Palazzo Chigi come portavoce del vicepresidente del Consiglio”. La mia risposta non è stata quella di chi si sarebbe sentito mancare la terra sotto i piedi: “Senti, non hai fatto nulla per trattenermi, considerato ad esempio che mi occupo di pastorale carceraria da vent’anni, ho lanciato un programma radiofonico, ho la responsabilità pesantissima degli esteri de L’Osservatore Romano?” Ruffini fu molto assertivo: “No, no, vai perché per noi questo passaggio è un valore aggiunto, è un fiore all’occhiello…. Insomma vai a rappresentarci all’interno delle istituzioni italiane…”
Presumo a questo punto che il tutto sia stato perfezionato a livello di Segreteria di Stato vaticana…
Certamente…
Quand’è che hai incominciato di preciso?
Ufficialmente il primo gennaio 2023, ma in realtà il 19 dicembre precedente, dato che non conoscevo il mondo di Palazzo Chigi e non volevo perdere tempo per poter incominciare a indagarlo… giorni preziosi per immergersi in un’atmosfera molto istituzionale così da evitare il più possibile di commettere errori… è così facile farne qui dentro!
Ti era ben chiaro il compito che ti era affidato?
Inizialmente no, perché sapevo solo di venire a fare il portavoce di Antonio Tajani nella qualità di vicepresidente del Consiglio dei ministri. In realtà poi, come capita per ogni ruolo istituzionale, il mandato evolve, matura a seconda di quella che è l’agenda della persona che rappresenti…. A mano a mano che passava il tempo si è fatto sempre più chiaro che avrei dovuto portare qui i contenuti dei miei 27 anni in ambito vaticano, facendoli fruttare. Ho pescato tantissimo e continuo a pescare da quel tipo di esperienza. In cui ho avuto la fortuna di fare viaggi, di coltivare rapporti con le ambasciate, con le segreterie particolari. Non ho mai viaggiato insieme con il Papa, ma viaggiavo per il papa, perché gli inviati della Radio vaticana partono sempre due giorni prima e tornano due giorni dopo, dovendo ‘ambientarsi’ nelle destinazioni previste. Da coordinatore degli inviati nei viaggi papali per esempio sono stato in Corea del Sud due volte, la prima per due settimane nel 2012 per preparare il viaggio inizialmente previsto di Benedetto e che dopo le dimissioni è diventato nel 2014 il viaggio di Francesco… poi sono stato a Erevan in Armenia, anche in Angola, in Brasile e praticamente in tutta Europa.
E in quest’anno di Palazzo Chigi?
Il viaggio più importante penso sia stato quello con il ministro a Berlino per il grande raduno interreligioso annuale promosso dalla Comunità di Sant’Egidio…poi qui ho organizzato degli incontri, dei ‘forum’, in cui si è evidenziata in modo preminente la tematica della tutela della libertà religiosa. Ricordo anche il primo appuntamento in Cina del ministro, con la messa domenicale a Pechino. In più il ministro mi ha chiamato a rappresentarlo in diverse iniziative a livello di ambasciata…
Mi ricordo che eri presente come relatore al convegno promosso dall’ambasciata di Ungheria presso la Santa Sede sull’aiuto concreto ai cristiani in alcuni Paesi africani … (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/vaticano/1171-casarini-il-pio-con-l-aureola-quadrata-due-convegni-ungheresi.html )
Più volte sono stato anche all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede… e oggi 26 febbraio, per esempio, ho incontrato sempre in tema di libertà religiosa, l’ambasciatrice francese presso la Santa Sede… sono stato presente più volte alla Farnesina nell’ambito di incontri che evocano la ‘diplomazia della pace’, come io la chiamo.
Immagino che nei primi mesi tu abbia collaborato proficuamente con Andrea Benzo, il diplomatico della Farnesina che originariamente, nel giugno 2022, era stato nominato inviato speciale per la tutela della libertà religiosa e il dialogo interreligioso, una figura creata a seguito di una risoluzione approvata all’unanimità dalla Commissione esteri della Camera… Ora Andrea Benzo è stato trasferito a Teheran, sede come è noto da tempo delicatissima e oggi se possibile ancora di più, come vice capo missione italiano…
Devo dire che Andrea Benzo è sempre stato molto disponibile dalla Farnesina, sollecito, preziosissimo nel fornirmi quei consigli e quelle informazioni di cui io inizialmente ero carente. Mi sento di doverlo ringraziare di gran cuore per l’amicizia e la professionalità che ha dimostrato nei miei confronti…
Il suo, diciamo così, era un incarico più istituzionale, provvisto di una vera e propria struttura diplomatica… il tuo mi sembra più ‘politico’ e centrato esplicitamente sulla tutela dei cristiani nel mondo. Mi chiedo, considerando la tua nomina: questo governo è veramente interessato a promuovere la tutela della libertà religiosa nel mondo e in particolare dei cristiani perseguitati?
Il fatto che io sia stato nominato per un tale ruolo parla già da sé. Il mio tra l’altro è un incarico gratuito. Il governo crede in questo e crede che l’obiettivo vada perseguito seriamente. Il profilo che teniamo è basso, però – per quanto ho sperimentato – lavoriamo costantemente cercando di essere incisivi.
Come?
Accendendo ad esempio i riflettori su quei comportamenti che contraddicono la tutela della libertà religiosa, una delle libertà fondamentali.
Concretamente come intervenite, al di là dell’organizzazione dei forum di cui dicevi…
Il ministro, laddove sono state registrate violazioni della libertà religiosa, è intervenuto anche contattando direttamente i suoi omologhi esteri o i loro rappresentanti diplomatici. Penso ad esempio al caso dell’Iran, nel momento più duro della repressione, che è stata inevitabilmente anche della libertà religiosa.
Veniamo ai forum promossi qui a Roma…
Il primo, proprio a Palazzo Chigi, è stato focalizzato sulla condizione della libertà religiosa in Pakistan (vedi anche https://www.rossoporpora.org/rubriche/italia/1146-zuppi-a-washington-palazzo-chigi-forum-liberta-religiosa-pakistan.html), con un ottimo riscontro anche da parte di rappresentanti diplomatici pachistani e di eminenti personalità musulmane. Da notare che sono stati invitati pure i media pachistani, che hanno registrato l’intero convegno, in cui si sono contati tra l’altro due interventi molto sostanziosi dell’ambasciatore pachistano in Italia.
Da quel che mi è parso di capire privilegiate il dialogo rispetto alla contrapposizione…
Dialogo, assolutamente. Dialogo: per noi è fondamentale il confronto, non la contrapposizione. Chi è debole non si confronta perché ha paura dell’altro. Noi non abbiamo paura della nostra cultura, della nostra fede, del professarci cristiani, nel dire chi siamo e chi non siamo. Il confronto con gli altri è fondamentale, perché anche gli altri ci dicono qualcosa…
Si è constatato durante il forum sul Pakistan…
… e noi vogliamo e siamo capaci di ascoltare, perché ascoltando impariamo. Nel contempo pretendiamo che anche i nostri interlocutori ci ascoltino. L’ascolto dev’essere reciproco.
Siete convinti che con il dialogo si ottenga di più che con la contrapposizione?
Direi proprio di sì. Il confronto muscolare non porta da nessuna parte. Il confronto sereno, pacato induce anche l’interlocutore ad abbassare i toni e a prestare il giusto ascolto all’altro.
Altri forum?
Un forum anche più grande l’abbiamo organizzato alla Farnesina sulle missioni. 200 missionari e laici impegnati nella missione vi hanno partecipato, presenti fisicamente o da remoto…dalla Repubblica democratica del Congo fino alla Mongolia.
I missionari prestano il loro servizio sul territorio, lavorano sul campo, constatano de visu giornalmente quali siano le opportunità e le criticità…
Alla Farnesina si sono confrontate tante esperienze, in ambito sanitario e carcerario, da chi gestisce dispensari a chi contrasta la tratta. Ognuno ha ascoltato l’altro. Si è fatta rete tra gruppi che lavorano nello stesso territorio, come nel Kerala… e si è fatta rete anche ad esempio con i Salesiani che con la loro agenzia internazionale ANS hanno conosciuto esperienze che poi potranno raccontare a livello mediatico.
Da sette anni l’Ungheria ha un vero e proprio segretariato per l’aiuto ai cristiani nel mondo. Come si è constatato anche nel recente Convegno a palazzo Cesi cui tu hai partecipato, dedicato in particolar modo ai cristiani in alcuni Paesi africani, l’Ungheria ha devoluto somme ingenti per questo aiuto. Che cosa rappresenta per voi questa esperienza ungherese?
L’esperienza ungherese resta un esempio valido, un po’ un unicum nel panorama internazionale e ha avuto anche una forte risonanza mediatica. Però pure noi, con un profilo più basso, non siamo stati a guardare grazie ai fondi messi a disposizione dalla Cooperazione internazionale. In occasione del forum della Farnesina con i missionari ho chiesto che gli estensori dei bandi per l’acquisizione di fondi spiegassero nei dettagli le modalità di richiesta … i missionari e i gruppi laici coinvolti hanno molto apprezzato.
Per il prossimo futuro?
Il 14 marzo presso l’Ambasciata italiana presso la Santa Sede ci sarà un incontro internazionale sul dramma della tratta. Perché questo argomento? Deriva anche da un’esperienza personale del ministro Tajani, che un mese e mezzo fa ha funto da padrino a una bambina africana che è riuscito a sottrarre ai trafficanti, in una zona impervia. La madre era ed è ospite con l’altro figlio in una località protetta presso la Comunità Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi e oggi guidata da don Aldo Buonaiuto. Noi siamo andati a visitarla: una mamma ha raccontato la sua storia drammatica, poi si è inginocchiata implorandoci di ritrovare la figlia lasciata in Africa, affidata a un’amica di cui si erano persi i contatti. Il ministro si è subito attivato e dopo circa un mese la bambina è stata rintracciata, accolta dal ministro all’aeroporto e restituita alla madre e al fratello. Il ministro verrà all’incontro e penso racconterà di questa sua esperienza.
Altri incontri previsti?
Sto organizzando un forum riguardante i Paesi lusofoni… si partirà dal Mozambico…
Qui Sant’Egidio ci cova…
(ride) Sì, naturalmente. Poi si parlerà dell’Angola e degli altri Paesi colonizzati dal Portogallo…sono stati invitati anche i cardinali Parolin, Segretario di Stato e Zuppi, che il Mozambico lo conosce bene…
DIRITTI UMANI E SENTENZE DELLA CORTE DI STRASBURGO: LA TESI DI LAUREA DI ALESSIA LUBRANO, CON UN FOCUS PARTICOLARE SUL CASO LITVINENKO
Ci è capitata recentemente tra le mani una tesi di laurea che appare suscettibile di stimolare approfondite riflessioni su forme e contenuti di alcune sentenze della Corte europea di Strasburgo in materia di rispetto dei diritti umani. La tesi, elaborata nel 2022 da Alessia Lubrano, allora studentessa della Luiss (Dipartimento di Scienze politiche, cattedra di diritto internazionale), tratta in particolare dell’iter giudiziario del caso Litvinenko, un ex-agente russo che molti ricorderanno essere stato avvelenato nel 2006 con il polonio 210 a Londra. Il caso appare di importanza giuridica rilevante e, considerati anche i tempi in cui siamo immersi, resta di un’innegabile attualità.
La tesi (relatore il professor Pietro Pastorino) tratta de “L’applicazione extraterritoriale della Convenzione europea dei diritti dell’uomo” e si suddivide in tre capitoli, con i primi due propedeutici all’ultimo in cui si analizza nei dettagli e si riflette sulla sentenza della Corte nel caso Litvinenko.
Sembra in ogni caso utile per chi ci legge ricordare che il Consiglio d’Europa è nato nel 1949 e che uno dei suoi frutti maggiori è la stipula l’anno seguente della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, entrata in vigore nel 1953. Per applicare tale Convenzione nel 1959 è stata istituita la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU).
Gli articoli della Convenzione a proposito della cui interpretazione in diversi casi concreti si è sviluppata con indubbio rigore la tesi di Alessia Lubrano sono soprattutto l’1 e il 2.1.
Articolo 1 (obbligo di rispettare i diritti dell’uomo): Le Alte Parti contraenti riconoscono a ogni persona sottoposta alla loro giurisdizione i diritti e le libertà enunciati nel Titolo primo della presente Convenzione
Articolo 2 (titolo I, Diritti e libertà, diritto alla vita) 1. Il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge. Nessuno può essere intenzionalmente privato della vita, salvo che in esecuzione di una sentenza capitale pronunciata da un tribunale, nel caso in cui il reato sia punito dalla legge con tale pena.
La domanda fondamentale posta all’inizio della tesi – in cui si fa spesso riferimento agli studi di un giurista riconosciuto a livello internazionale come il serbo Marko Milanovic – riguarda la responsabilità di uno Stato nel rispetto dei diritti umani di un individuo da lui ‘controllato’ al di fuori dei propri confini nazionali. Come si applica extraterritorialmente la Convenzione? A tale riguardo la CEDU è stata sollecitata più volte in casi concreti e delicati come, ad esempio, quello derivato dall’uso della forza da parte della NATO nella Repubblica federale di Jugoslavia o l’altro connesso all’invasione dell’Iraq da parte di Stati Uniti e Gran Bretagna. Altra domanda: fin dove si estende la giurisdizione di uno Stato? Anche al di fuori dei confini nazionali, se si tratta di propri cittadini? Qui emerge la differenza tra un’interpretazione ‘territoriale’ e ‘personale’ della giurisdizione. L’esperienza mostra che ambedue i modelli presentano vantaggi e svantaggi, questi ultimi derivanti da una loro interpretazione troppo rigida di fronte alla varietà delle situazioni esaminate della CEDU. Ancora: i bombardamenti extraterritoriali sono parte della giurisdizione di uno Stato? Gli omicidi extraterritoriali da parte di agenti segreti dello Stato sono parte della stessa giurisdizione? E quanto accade in una base militare extraterritoriale o su una nave militare? Come si nota le questioni sul tappeto non sono di facile risoluzione e del resto negli anni l’ha dimostrato la CEDU, variando la sua giurisprudenza in materia, “piuttosto instabile e controversa”.
C’è una sentenza che a lungo, pur tra non poche discussioni, ha segnato il cammino della CEDU: è la Banković. Di che si tratta? Alcuni residenti di Belgrado avevano accusato i 17 Stati membri della NATO di aver violato la Convenzione bombardando nel 1999, nel contesto del conflitto in Kosovo, la sede della radiotelevisione serba a Belgrado e provocando 16 morti e danni ingenti. In quel caso, annota Alessia Lubrano, la CEDU nel 2002 ha concluso che “la vicenda di persone uccise da missili o bombe lanciate da un aereo, al di fuori di un’area sotto l’oggettivo controllo generale di uno Stato, non rientrasse nella sua giurisdizione. Ciò perché tale controllo avrebbe richiesto l’esistenza di truppe a terra, mentre lo spazio aereo ed il ‘semplice’ potere di uccidere non era stato ritenuto sufficiente a costituire un vincolo di giurisdizione”.
Di tutt’altro segno la sentenza del 21 settembre 2021, con cui la CEDU ha condannato la Russia per aver violato l’articolo 2 della Convenzione, ritenendola responsabile dell’assassinio di Aleksandr Litvinenko. Alessia Lubrano ha evidenziato che Litvinenko da agente segreto russo era stato incaricato nel 1997 di condurre ‘operazioni speciali’ per lui illegali. Licenziato nel 1998, l’anno seguente era stato detenuto per otto mesi per ‘abuso d’autorità’. Nel 2000 aveva lasciato la Russia con la famiglia per stabilirsi in quella Gran Bretagna, di cui il 13 ottobre 2006 aveva ottenuto la nazionalità. Da subito aveva collaborato con i servizi segreti inglesi, denunciando “la corruzione dei servizi di intelligence russi”. Il 16 ottobre 2006 Litvinenko incontrò a due riprese due cittadini russi, Lugovoy e Kovtun e la sera accusò dei malori attribuiti a un’intossicazione alimentare. In realtà i suoi interlocutori avevano già tentato di avvelenarlo con il polonio 210. Logovoy e Kovtun tornarono a Londra e il primo novembre incontrarono nuovamente Litvinenko. L’ex-agente fu ricoverato il 3 novembre per gastroenterite, ma gli esami di laboratorio confermarono la contaminazione da polonio 210. Il 23 novembre Litvinenko morì: “L’autopsia ha confermato la causa della morte ovvero la contaminazione da radiazioni prodotte dai livelli molto elevati di polonio 210, assunto per ingestione sotto forma di composto solubile”.
L’inchiesta inglese stabilì nel 2007 la responsabilità di Lugovoy nella morte di Litvinenko e nel 2011 anche quella di Kovtun. Le richieste di estradizione per ambedue sono state respinte dalla Russia per ragioni costituzionali. Lugovoy è diventato addirittura membro della Duma, il Parlamento russo.
Chiamata in causa, la CEDU ha riesaminato con grande attenzione la vicenda, come mostra la ricostruzione offerta da Alessia Lubrano, che dà ampio spazio anche alle osservazioni delle parti e che osserva: (con tale sentenza) “la Corte ha espressamente affermato l’applicabilità della Convenzione agli omicidi extraterritoriali, così superando (senza neppure farne menzione) uno dei suoi precedenti più significativi, la sentenza Banković “. La CEDU si è chiesta in particolare se “l’assassinio di Litvinenko equivalesse all’esercizio del potere fisico e del controllo sulla sua vita da parte di Logovoy e Kovtun” come agenti statali. Ed è addivenuta alla conclusione che “le prove della premeditazione indicano fortemente che la morte di Litvinenko era stata il risultato di una complessa operazione che prevedeva non solo l’organizzazione del viaggio a Londra di Lugovoy e Kovtun, ma innanzitutto l’approvvigionamento da parte di questi ultimi di un raro veleno mortale, di norma sotto il controllo statale”. La CEDU, “prendendo atto dell’incapacità della Russia di contrastare le prove del suo coinvolgimento, ha concluso dunque per la sua responsabilità”. Una sentenza “audace” (Milanovic), “in quanto uno stato membro della Convenzione è stato ritenuto responsabile dalla Corte di Strasburgo in una circostanza in cui questo non ha essenzialmente esercitato alcun controllo effettivo manifesto sul territorio”. Insomma una sentenza - conclude Alessia Lubrano – che, ove confermata da altre successive, potrebbe segnare una svolta importante nella giurisprudenza della CEDU in materia di applicazione extraterritoriale del rispetto dei diritti umani. Un progresso se si pensa alla CEDU come loro custode incisiva (la tesi di Alessia Lubrano è scaricabile facilmente su internet).
P.S. 1) SULL’ABORTO COME DIRITTO COSTITUZIONALE IN FRANCIA
Il 4 marzo 2024 il Parlamento francese (Assemblea nazionale e Senato) ha approvato a grande maggioranza (780 sì, 72 no) la modifica dell’articolo 34 della Costituzione in cui viene inserito il diritto fondamentale all’aborto, come voluto fortemente dal presidente Macron e condiviso anche da Marine Le Pen. A proposito di questa pagina oscura targata Liberté, égalité, fraternité rileggiamo alcune profetiche considerazioni di Giovanni Paolo II, contenute nell’enciclica Evangelium vitae (1995) e riportiamo nel contempo la dichiarazione di Agnès Callamard, segretaria generale di …Amnesty International.
Giovanni Paolo II (da Evangelium vitae, 23 marzo 1995):
L’originario e inalienabile diritto alla vita è messo in discussione o negato sulla base di un voto parlamentare o della volontà di una parte — sia pure maggioritaria — della popolazione. È l'esito nefasto di un relativismo che regna incontrastato: il “diritto” cessa di essere tale, perché non è più solidamente fondato sull'inviolabile dignità della persona, ma viene assoggettato alla volontà del più forte. In questo modo la democrazia, ad onta delle sue regole, cammina sulla strada di un sostanziale totalitarismo. Lo Stato non è più la “casa comune” dove tutti possono vivere secondo principi di uguaglianza sostanziale, ma si trasforma in Stato tiranno, che presume di poter disporre della vita dei più deboli e indifesi, dal bambino non ancora nato al vecchio, in nome di una utilità pubblica che non è altro, in realtà, che l'interesse di alcuni.
Agnès Callimard (segretaria generale di Amnesty International , 4 marzo 2024):
Questo storico voto fa della Francia il primo Stato al mondo ad aver inserito l’aborto nella sua Costituzione ed è di enorme significato, dati i passi indietro che il mondo sta facendo rispetto a quel diritto essenziale. Proteggere la libertà di accedere all’aborto è un importante muro eretto contro i sempre più infervorati movimenti ostili ai diritti umani.
P.S. 2) Nella breve galleria fotografica in fine di questo numero di Rossoporpora.org alcune foto di Davide Dionisi e di Alessia Lubrano